“Con legittimo orgoglio, ogni anno vanto di ricordare questo evento ai miei concittadini, in particolare modo alle Scuole: il conferimento della concessione del titolo di Città di Marcianise, che il Re Vittorio Emanuele II, volle conferire al nostro Comune con decreto del 10 marzo del 1872. E’una data importante per la storia di Marcianise. I giovani devono sapere che fu un giusto riconoscimento a tutti i Marcianisani che nell’800 seppero realizzare il benessere sociale, culturale ed economico con il proprio lavoro e sacrifici. Questa ricorrenza ci riporta a richiamare i valori del “Risorgimento Italiano” e la nostra città vanta con grande orgoglio figure risorgimentali come quelle di Giousè Mundo, Giulio Gaglione, Federico Quercia, Giuseppe Musone, Camillo e Francesco Tartaglione che con le loro testimonianze e sacrifici tutt’oggi onorano la nostra città di Marcianise. Venire, poi ad apprendere che nel Processo a carico di Giulio Gaglione svolto nel 1850, i ” risorgimentali nel mese di febbraio del 1848, insieme a quelli di Santa Maria C.V. D.Domenico Tammaro e D.Francesco Tartaglione, vennero in Marcianise, per propagarvi sentimenti liberali, portando con loro la bandiera tricolore, quale, fu a vista del pubblico esposta sul balcone della casa del Gaglione”. Queste scoperte ci riempiono di gioia. Inoltre, questi Risorgimentali seppero dettare una scuola di valori per far progredire la nostra città, a tal proposito è in atto la pubblicazione di questo periodo storico di Marcianise, che fu una “scuola dei valori risorgimentali che difesero i diritti del cittadino”. Oggi, diffondere queste conoscenze insieme allo studio della Costituzione italiana, la Legge fondamentale della Repubblica italiana, approvata il 22 dicembre 1947 dall’Assemblea Costituente in vigore l’1°gennaio 1948; i giovani riscoprono riferimenti validi e credibili e formativi. Eventi, questi se celebrati in modo appropriato, rafforzano, senz’altro, le materie legate all’ “Educazione Civica/Educazione alla legalità” e ci fanno sentire orgogliosi di appartenere a questa Città, e non a caso nello Stemma del Gonfalone concesso nel 1872 è evidenziato il motto PROGREDITUR =PROGRESSO”.
Donato Musone ricorda 136o Anniversario titolo Città
9 Mar 2008
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Prendiamo atto dell’orgoglio di avere ricevuto il titolo di Città il 10 Marzo 1872 da Vittorio Emanuele II, nonché dell’enfasi risorgimentale di Donato Musone. Purtroppo non tutti i cittadini di Marcianise possono godere di questa gioia succedutasi ad un tributo di sangue versato per la difesa di Marcianise e di un pacifico e fiorente Regno. Sotto le mura del Cimitero di Marcianise con processo sommario, come era uso da parte degli invasori Garibaldini, furono fucilati il 5 settembre 1860 due Marcianisani che morirono per difendere i propri concittadini. Il sentimento antirisorgimentale dei Marcianisani si può certamente dedurre dalle opere che i Borbone avevano edificato per loro, quali: l’attuale edificio comunale (Regio quartiere militare), il “Mendicicomio”, l’acquedotto, che rifornì di acqua i Marcianisani costretti fino ad allora a bere l’acqua del Clanio tramite i suoi “Lagnuoli” che la rendevano insalubre. Ancor oggi campeggia il riconoscimento verso Ferdinando IV con un maestoso monumento affidato alla progettazione dell’architetto Gaetano Barba dai notabili dell’epoca, nell’antica piazza Mercato indecorosamente, oggi dedicata a Umberto I.
Carmine Posillipo
segretario “Comitati delle due Sicilie” e Associazione Culturale “Il Sito”
Con piacere leggo di questo colto dibattito intorno ai valori risorgimentali e alla misura nella quale noi meridionali dobbiamo sentirci partecipi dell’Unificazione del Paese ovvero sconfitti coattamente annessi.
Già mi solleva che dalla cappa propagandistica (scientifica e scellerata operazione storico-culturale) emerga un puntuale dispiego delle ragioni del Regno delle Due Sicilie, per anni professato “la negazione di Dio”. Vuole dire che i tempi sono maturi per una riflessione serena e tuttavia rigorosa di quegli eventi lontani eppure così rilevanti per le sorti delle nostre terre sciagurate.
Io penso che da tale valutazione nessun soggetto politico dell’epoca sortisca puro ed assolvibile tout court.
Non mi pare in nessun modo esaltabile il Regno Borbonico; il nefando eccidio della nostra classe intellettuale e borghese (pur comprensibile sul piano emotivo vista la sorte di Maria Antonietta, sorella di Carolina d’Austria) nella cosiddetta Rivoluzione Napoletana del 1799 è il paradigma della ritrosia del Regno ad ammodernarsi e a dialogare con forze sì libertarie ma anche liberali e foriere d’idee illuministe, le idee dei nostri Filangieri e Genovesi (seconda metà del ‘700) che furono lustro di Napoli senza però incidere granché sulle politiche del Regno (salvi i Dispacci Tanucciani). Di qui poi si giunge allo spergiuro del medesimo Ferdinando I, quando giurava sulla Bibbia di difendere la Costituzione ottriata dopo i moti del ’21, salvo ritornare da Lubiana con armate conservatrici.
Insomma, per dire che il Borbone oltre ai bei monumenti di Piazza Umberto I e Piazza Carità, oltre alla concessione dell’acqua celebrata dalla prima delle due sculture citate non era il monarca illuminato che certa propaganda neoborbonica intenderebbe spacciarci.
Del resto tuttavia, i piemontesi “falsi e cortesi” hanno proceduto contro il diritto internazionale ad aggredire uno Stato Sovrano corrompendo alte cariche istituzionali e nella sostanziale avversità del popolo meridionale. La conquista “col gesso” dell’Italia del Sud si consumò con i tradimenti dei diversi Landi e Liborio Romano, contro i voleri della base dell’esercito e della popolazione. Fu un atto di real politik ammantato di afflato romantico; una vergognosa ed oscena lesione del diritto di autodeterminazione dei popoli. A conferma di tali considerazioni, si pensi al fenomeno del brigantaggio e delle deportazioni di massa ad autentici lager ante litteram (e mi riferisco a Fenestrelle). D’altronde, l’atteggiamento predatorio dei Savoia si è riflettuto pienamente nel loro modo di gestire il Sud, con patti stipulati con i potenti locali (i Gattopardi) e con i camorristi e i mafiosi del tempo (i campieri); del che s’ha traccia nell’opera salveminiana “Il ministro della Malavita” (alludeva a Giolitti). E ancora forse, salva la parentesi autoritaria in cui si ergeva l’alta figura del Prefetto Mori, quest’Italia Unita anche nella sua versione repubblicana ci ha voluti, noi meridionali, braccia da lavoro per le industrie del Nord, massa stolida e ignorante, bassa plebe da tener buona come serbatoio di voti “istituzionali” e cancrena da arginare al ridosso dei confini del già Stato Pontificio. Su questa linea, ad oggi ci si concepisce come i destinatari dello sversamento dei rifiuti tossici.
I poveri risorgimentali come Pisacane e i fratelli Bandiera magari tutto questo non l’avevano compreso; e a loro rendo onore come a Byron che morì per la liberazione della Grecia.
E rendo onore anche ai giovani della Nunziatella che si batterono da leoni a Gaeta per il loro Re Francesco-Franceschiello.
Ma rendo ancora più onore ai tanti giovani senza lavoro, sfruttati e senza speranze di questo nostro Sud che dovrebbe risollevare il capo e l’orgoglio, riacquistare una dignità sociale e culturale, pretendere ciò che gli spetta senza retorica localistica o neoborbonica ma con la forza di un movimento culturale (e cito Paolo Borsellino) teso a restituire a noi stessi la dignità prima e l’orgoglio poi di appartenere a un popolo sfortunato e a volte incivile, ma non privo di buoni sentimenti e di slanci meravigliosi.