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La “Decollazione di San Giovanni Battista” del Fiammingo Dirk Hendricsz torna agli antichi splendori: ieri la presentazione dopo il restauro all’Annunziata

Giornata storica ieri pomeriggio presso la Chiesa dell’Annunziata dove è stato “svelato”, dopo il restauro, la “Decollazione di San Giovanni Battista”. Il dipinto su tavola dell’artista Dirk Hendricsz (italianizzato in Teodoro D’Errico), pittore di origine fiamminga che influenzò notevolmente la cultura pittorica dell’Italia Meridionale tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, è stato oggetto di riqualificazione durata circa un anno. Ricollocato nella sede originale nella cappella alla sinistra dell’abside della chiesa, ieri pomeriggio è stato scoperto alla presenza di mons Vincenzo Schiavone, dell’attuale parroco don Francesco Pappadia e del Sindaco Antonello Velardi. Il progetto di restauro, promosso da un comitato di parrocchiani (preside Giuseppe Serino, Luigi Tartaglione, Nicola Erboso, Michele Colella, Maria Merola, Aspreno Letizia) e presieduto da don Vincenzo Schiavone, è stato finanziato dal contributo di encomiabili cittadini, nonché dall’interessamento della Pro Loco Marthianisi. I lavori, dopo il placet della Soprintendenza di Caserta e Benevento, sono iniziati nell’agosto del 2015 e affidati ad un esperto restauratore di opere pittoriche, il marcianisano Giuseppe Maietta.

Emozionato il parroco Don Schiavone che da moltissimo tempo aveva auspicato il restauro del dipinto considerato uno dei più preziosi della ricca pinacoteca dell’Annunziata. La pala fu oggetto di attenzione del critico d’arte Vittorio Sgarbi che visitò il complesso dell’Annunziata nel 2012.” Una bellissima serata – ha spiegato il sindaco Velardi lodando coloro che hanno organizzato la raccolta dei fondi e hanno proceduto al restauro dell’opera – un caso tipico di partecipazione popolare, di puro civismo. Siete, anche i presenti, la parte migliore della città. Un esempio da seguire, uno straordinario esempio di cittadinanza attiva”.

Nel dipinto è possibile scorgere tutti i personaggi che la Bibbia menziona riguardo alla decapitazione di San Giovanni Battista. Secondo la ricostruzione più diffusa tra gli studiosi, Erode Antipa era sposato con una figlia del re nabateo Areta. A Roma però Antipa aveva conosciuto sua nipote Erodiade (figlia di Aristobulo, figlio di Erode il Grande e fratellastro di Antipa), la moglie del suo fratellastro Erode Filippo I, e se ne era invaghito. Antipa aveva ripudiato la principessa nabatea, ed Erodiade aveva ripudiato il marito Filippo (cosa non lecita secondo il diritto giudaico che ammette il divorzio da parte del solo marito, ma possibile in quello romano) per sposare il suo più potente fratellastro. Il Battista criticò pubblicamente questa unione illegittima che doveva essere stata popolarmente malvista, sia perché adulterina che anche consanguinea. Antipa allora fece incarcerare Giovanni ma non sembra avesse avuto una risoluta intenzione di ucciderlo, o perché lo rispettava o perché temeva reazioni del popolo che “lo considerava un profeta”. La prigionia ebbe un brusco epilogo in occasione del compleanno di Antipa. La figlia di Erodiade (Salomè, ma il nome non compare nei vangeli) danzò di fronte al re e alla sua corte. Antipa, compiaciuto, gli chiese cosa volesse in cambio, e la ragazza, sobillata dalla madre, chiese la testa di Giovanni e fu accontentata.

velardi schiavone pappadia serino colella tartaglione teodoro fiammingoLe opere di Hendricsz sono presenti in numerose chiese della Campania: S. Gregorio Armeno Napoli, Aversa, Potenza, Airola, Ercolano, Venafro, Santa Maria a Vico, Montorio nei Frentani, al Museo Nazionale di Capodimonte, al Museo di Praga. Il dipinto si aggiunge alle opere pittoriche di elevato valore storico ed artistico presenti nel complesso dell’Annunziata, risalenti al ‘500, ‘600 e al ‘700, realizzate da artisti quali Massimo Stanzione, Francesco Solimena, Paolo De Maio e Domenico MondoD’Errico fu il principale esponente della colonia fiamminga a Napoli, ideatore di una pittura “tenera dal ricco impasto cromatico”, che raggiungerà il culmine del successo nei due celebri cassettonati di San Gregorio Armeno prima e di Donnaromita poi. Sono vaste composizioni che, alla ricercatezza del colore, associano uno stile pittorico di pretta marca barroccesca. Per oltre quaranta anni D’Errico fu tra i principali protagonisti del tardo manierismo nell’Italia meridionale.  In tutte le sue opere si scorgono gli elementi fiamminghi, tra i quali si annoverano: la pittura ad olio luminosa, i dettagli realistici, la resa micrografica, la vivacità e l’espressività perché la pittura deve essere fasto ed ornamentazione. Quando nel 1574 giunge a Napoli, con altri fiamminghi, da decoratore profano diviene specializzato nell’immagine della Madonna del Rosario su tavola, adeguandosi al gusto della committenza napoletana, interpretandone le richieste, e divenendo, così, la figura di maggiore rilievo, il capostipite della colonia fiamminga. Egli seppe rispondere sia a una commitenza tradizionalista e clericale che ad un aspettativa diversa, sempre di tipo religioso, ma più sensibile alla tradizione “laica” della cultura figurativa italiana.

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Alfonso Alberico - Marcianise

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