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Studioso spagnolo delle opere di Giacomo Colombo visita il Duomo di Marcianise e rimane molto colpito dal SS. Crocifisso

Nella tarda mattinata di giovedì 8 settembre uno studioso di opere di Giacomo Colombo ha visitato il nostro Duomo di Marcianise. Si tratta di Arturo Serra Gomez, la sua città natale è Murcia, in Spagna ed è laureato nelle Belle Arti con specializzazione in restauro all’università di San Carlo di Valencia, la sua professione è quella di scultore e restauratore. Prima di venire a Marcianise è stato in alcune regioni dell’Italia meridionale dove sono presenti la maggior parte delle opere del Colombo, in particolare è stato in Puglia ed è venuto poi in Campania per visitare le chiese e i monumenti di Napoli e in particolare per vedere da vicino le opere del Colombo presenti anche nella nostra regione. Arrivato al Duomo di Marcianise ha detto che è venuto anche l’anno scorso ma la chiesa era chiusa, questa volta invece era aperta e quindi ha potuto visitare la chiesa. Ha mostrato particolare interesse per le statue presenti nella chiesa di San Michele Arcangelo, in particolare gli è piaciuta molto la statua barocca di “Santa Venera” risalente al XVIII secolo, la statua della “Madonna Immacolata” risalente al XIX secolo presente nel transetto di cui ha detto di aver visto una statua molto simile a Carovigno, comune della provincia di Brindisi, in Puglia. Ma essendo studioso delle opere del Colombo, Arturo Serra Gomez è rimasto particolarmente colpito nel vedere da vicino il SS. Crocifisso, opera d’arte realizzata appunto dal Colombo; si è concentrato molto sull’espressività del volto del Crocifisso e ha detto che è sicuramente una delle opere di maggior pregio artistico realizzate dallo scultore. Ha detto che ha visto delle foto su internet ma vedere la scultura da vicino ha tutto un altro effetto. Anche questo studioso ha detto che Colombo fu influenzato nella sua produzione artistica da Francesco Solimena. Particolarmente interessato anche alle sculture di Nicola Fumo, altro importante scultore vissuto tra il ‘600 e il ‘700.

La fama che aveva il Colombo, e che ha tutt’oggi dato che ci sono studiosi che vengono dall’estero in Italia per vedere le sue opere, ha portato questo studioso spagnolo a Marcianise per ammirare il famoso Crocifisso. Questo deve essere motivo di orgoglio per la nostra città ed è un motivo in più per cui questa scultura deve essere tutelata e preservata, gestita con cura e accortezza. Per chi non conoscesse l’artista, viene riportata di seguito buona parte della biografia.

Giacomo Colombo nacque ad Este, nel padovano, nel 1663 venne a Napoli quindicenne nel 1678. Fu scultore in marmo, legno policromo e stucco; pittore, disegnatore d’argenterie sacre e di incisioni riproducenti le sue opere. La sua formazione artistica ebbe luogo a Napoli e la sua poliedrica attività s’inserisce nel contesto dell’ambiente (ove gli artisti sperimentavano contemporaneamente varie espressioni), partendo dalla tradizione lignea policroma barocca per evolversi entro il primo decennio del Settecento a personalissimi risultati di gusto arcadico – rococò.

Il Colombo è stato uno scultore prolifico e la sua arte ha improntato il Mezzogiorno d’Italia, da Napli alla Puglia, alla Basilicata, con un raggio d’azione geograficamente molto ampio. La produzione di questo maestro ha trovato vasta eco nell’ambito della scultura lignea di soggetto sacro: busti-reliquari si Santi e Sante, statue a figura intera e gruppi statuari.

La richiesta partiva anche da terre d’oltremare, come la Spagna, e in questo Giacomo Colombo si trovava in buona compagnia: si conosce almeno un caso in cui Colombo e Nicola Fumo inviamo nello stesso anno e per la stessa località spagnola due distinte sculture. Nel 1698 infatti i due scultori inviano a Madrid (per la chiesa di San Ginés) il primo un Cristo alla colonna, il secondo un Cristo portacroce.

Giacomo Colombo fu un vero e proprio artista/imprenditore, così come lo fu Giotto nel Trecento. Egli dirigeva una vera e propria bottega di artisti, capace di soddisfare le richieste di opere d’arte lignee che inviava in quasi tutte le regioni meridionali; riuscì a formare un’équipe di collaboratori in grado di divulgare il proprio linguaggio stilistico con lavori di alto livello qualitativo, apprezzato dalla committenza. Fu sorretto, nella sua attività professionale, dalla lunga e assidua frequentazione del pittore Solimena, che spesso gli forniva anche idee e modelli compositivi e disegni che poi venivano “tradotti” in sculture. Ma è presente nel Colombo anche una cultura iberica, spagnola, “ tendente a un gusto espressionistico e dichiaratamente teatrale”.

La prima opera documentata di Giacomo Colombo è la perduta decorazione a intaglio dell’organo della Croce di Lucca a Napoli, che risaliva al 1688; nell’anno successivo esegue un Crocifisso in San Pietro a Cava dei Tirreni e nel 1691 un altro Crocifisso in Santo Stefano a Capri. In quello stesso 1689 Colombo si iscrive alla corporazione dei pittori e nel 1701, lui scultore, ne diviene prefetto. Lo scultore praticò comunque anche l’attività pittorica nei primi anni del ‘700, collocandosi nella scia di Solimena.

La produzione del decennio conclusivo del secolo è caratterizzata da una resa plastica percorsa da una forte, drammatica tensione espressiva e culmina nella monumentale Pietà di Eboli (collegiata della SS. Pietà), eseguita tra 1698 e 1701, «esempio memorabile per i raggiunti accenti espressionistici» appena comparabile, per il vigore esasperato, alle opere del grande spagnolo Pietro de Mena» (Borrelli in Civiltà del Seicento 1984).

A questa fase appartiene anche una inedita e assai bella scultura, in collezione privata fiorentina, raffigurante Sant’ Onofrio, soggetto non frequente tra quelli praticati da Colombo. L’esecuzione nervosa delle gambe, il viso pungente e appassionato apparentano il Sant’ Onofrio ad altre sculture del tempo, come il già ricordato Crocifisso dì Cava dei Tirreni o alcune figure raffiguranti San Felice da Cantalice ubicate anch’esse nel salernitano.
Tale poetica di patetico espressivo svolta il secolo e continua a mantenersi viva ancora all’inizio del Settecento, quando la concorrenza con le altre botteghe di inesausti e convulsi produttori di immagini lignee si fa più serrata, costringendo Colombo ad agire su diversi e variegati registri espressivi.

L’apporto del Solimena nell’deazione di gruppi scultorei del Colombo ricordato dal De Dominici è confermato dai documenti eanche dallo stile. L’esempio più significativo di questo sodalizio è dato dai sepolcri di Anna Maria Àrduino e del figlioletto Niccolo Ludovisi, principe di Piombino, in San Diego all’Ospedale a Napoli, eseguito tra il 1703 e 1704. A Francesco Solimena, dichiarato “soprastante e architetto dell’opera”, i committenti affidarono infatti la definizione dello schema e del disegno generale dei due monumenti.

A sorreggere la bontà del disegno e degli schemi compositivi interveniva, a detta del De Dominici, l’aiuto dell’amico Solimena. Sotto la direzione di Solimena che lo istradava al meglio, dice infatti il biografo, «nel disegno e nelle mosse delle figure» Colombo fece molti lavori che riuscirono ottimamente. Ma quando lo scultore da se medesimo faceva il lavoro, non era di quella bontà di quelli diretti da Solimena.

Nella produzione del primo decennio del Settecento, sia marmorea che lignea, l’apporto solimenesco appare molto forte; in questo periodo è stato scolpito anche il Crocifisso di Marcianise, 1706. L’impianto compositivo è più controllato e attentamente calibrato, secondo dettami di misurata eleganza, e le figure sono atteggiate a un sobrio classicismo, che diventa un poco rigido e freddo nelle realizzazioni più monumentali, quali i sepolcri dei principi di Piombino. In ceni casi, come per la Madonna delle Grazie nella congrega di Santa Maria della Santella a Capua (1702), si va oltre la consonanza stilistica e Colombo si appog­gia direttamente a un dipinto del Solimena.

Con l’esecuzione dell’Annunciazione del 1709 Giacomo Colombo avvia una svolta in senso più capricciosamente rococò: se la Vergine annunciata è ancora palesemente debitrice alla cultura solimenesca, l’angelo fiammeggiante, con il suo porgere aggraziato e accattivante, preannuncia le eleganze lievi e raffinate della poetica rococò. Morì a Napoli nel 1731 all’età di 68 anni.

Il Comitato Festa del Crocifisso

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Alfonso Alberico - Marcianise

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