Ho già avuto occasione, in sintonia con la direzione Nazionale del PD, di esternare, più di una volta, considerazioni propositive in favore del principio giuridico dello “Ius Soli”, cioè il conferimento della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia. Eppure sono più di 20 anni che si parla di questo principio e, precisamente da quando venne approvata la norma imperniata sullo “Ius Sanguinis”. Quali dei due: diritto di terra o diritto di sangue, dovrà sopravvivere? In Europa, infatti, nel 1700 vigeva lo “Ius Soli”, cioè figlio del feudalesimo che legava l’uomo alla terra e al feudatario. Mentre lo “Ius Sanguinis” dalle origini romane, ed introdotto dopo la Rivoluzione Francese, ci appare, oggi, con vesti egoistiche e conseguenzialmente non aperto agli altri. Non può sfuggire alla nostra attenzione, a fronte di queste continue ondate migratorie, per evitare le guerre nei paesi di origine, alla povertà e alla mancanza di libertà, una qualche presenza purtroppo, di squallide reazione xenofobe e razziste nel nostro Paese, colorando quest’ultimo, sotto certi aspetti, arretrato sul piano culturale e civile, non in linea con i tempi che hanno dato vita in Europa, e non solo, ad aggregazione multietniche e interculturali. La società multietnica, infatti, fa nascere un nuovo percorso sociale dal quale fuoriesce, in modo impellente e sensibilmente forte, la voce dei diritti fondamentali dell’uomo, del valore della vita umana, della dignità e libertà della persona, valori alla cui osservanza lo Stato non può e non deve sottrarsi. I figli degli immigrati nati in Italia, che frequentano la nostra scuola, parlano Italiano, il nostro dialetto, vincono come Li Hao Zhang il premio “Voghera” per la poesia dialettale lombarda, e così altri che rispettano con i genitori, le regole aspettano da tempo il riconoscimento della cittadinanza. Ritengo, a mio parere che chi nasce in un luogo, qualunque esso sia, deve avere la certezza della cittadinanza per diritto proprio e non per concessione di questa o quella autorità. Con l’occasione mi corre l’obbligo di ricordare infine che molti di questi immigrati, partecipano al mondo del lavoro, ad iniziative per la legalità, ad incontri sociali, che interessano il nostro Paese, di cui non sono e non saranno cittadini, finché non ci sarà il “condere legem” a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. In questo contesto, dove il vuoto giuridico diventa pesante, è auspicabile che la scuola, svolga un ruolo più incisivo ed importante in quanto luogo di istruzione ed informazione culturale, luogo dove la socializzazione e l’integrazione e che, quindi, diffonda un’educazione interculturale, baluardo di crescita civile dello Stato.
“Ius Soli”, Gaglione (Pd): ” Si a conferimento della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia”
29 Mar 2014
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