Da bambino accompagnavo spesso mio padre in macelleria; l’acquisto della carne, in casa, era ritenuto compito da uomini.All’interno della bottega i quarti di mucca erano appesi, tutt’intorno, a dei trespoli con dei rampini uncinati nei tendini degli stinchi o delle costole.
Lo stillicidio delle ultime gocce di sangue formava dei coaguli che, insieme alle carni, attiravano miriadi di mosche.
Per proteggere le carni, i più accorti usavano avvolgerle dentro a dei veli, spesso, intrisi di sangue rappreso. Gli sguardi provenienti dagli occhi scarnati e sporgenti dalle orbite di quelle teste bovine decollate mi incuriosivano e mi atterrivano.
La folla all’interno del negozio provocava un vociare indistinto che si mescolava ai colpi di mannaia che il macellaio infieriva per sezionare le carni.
Attorno al banco la calca si concentrava in un procedere lento e faticoso per accaparrarsi l’attenzione del bottegaio.
Molti si intrufolavano all’ultimo momento, sorpassando i primi, adducendo le scuse più improbabili.
Le più coriacee erano alcune donne che, senza vergogna, scavalcavano, prevaricavano sopraffacendo, senza ritegno, chiunque stesse loro davanti.
Ogni tanto si innescava la lite che era quasi sempre di carattere verbale.
Le richieste, dato il clamore continuo, avvenivano ad alta voce, così che tutti venivano a conoscenza degli acquisti operati e spesso il richiedente si ritrova a dover giustificare l’esiguità della spesa, suscitando i commenti più disparati ed il macellaio, quando se ne presentava l’occasione, non lesinava battute sarcastiche.
Ogni tanto tra la gente si intrufolava un cane che, a seconda dell’umore del momento, riceveva qualche osso o una scopata persuasiva e l’ira del negoziante.
Qualche tempo dopo, diventato grandicello, fui incaricato io di questo ingrato compito. Ricordo ancora adesso la fatica e la rabbia impotente soffocata per arrivare al banco e poter avanzare la richiesta senza dimenticare la formula di accompagnamento “a ritt papà” che fungeva da biglietto di presentazione.
Qualche giorno fa ero all’interno di un negozio e distratto pensavo alle mie cose mentre aspettavo il turno. Assorto nei miei pensieri, al fresco del climatizzatore, trasalii quasi quando una voce mi richiamò al presente: “Chi è il prossimo?”. Mi guardai attorno incerto quando la persona accanto mi disse: “Prego c’era prima lei”.
Sono queste le circostanze che mi fanno dire: “Meno male, il tempo non è passato invano!”
Prego, c’era prima lei | di Pasquale Giuliano
29 Set 2013
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