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Marcianise: città a vocazione agricola o di consolidata tradizione industriale? | di Pasquale Giuliano

Più volte ho sentito sostenere che Marcianise, nel tempo, è passata dall’essere una città a vocazione agricola a città industrializzata.Personalmente ritengo questa affermazione sbagliata. Penso invece che Marcianise sia stata sì una città a vocazione agricola ma anche di consolidata  tradizione  tessile industriale.Ad avvalorare questa mia ipotesi pongo il significato del termine industria: per industria si intende qualsiasi attività umana diretta alla produzione di beni e servizi anche nelle sue forme più semplici.

Fino agli anni 60/70 Marcianise risultava ai primi posti in Europa quale produttrice di canapa dove per canapa si intende, in una prima fase, la coltivazione della pianta e subito dopo la produzione della omonima fibra. Questa attività richiedeva numerose lavorazioni differenziate e distanziate nel tempo e necessitava di numerose attrezzature disseminate sul territorio. Diversamente da altre occupazioni industriali questo lavoro si svolgeva in numerosi opifici frequentemente allocati nelle  stesse abitazioni degli agricoltori-produttori, queste ultime costruite in maniera conforme allo scopo da raggiungere (cortile a corte).

A voler essere più precisi potremmo dire che tutta l’area costituiva un unico opificio industriale con numerose postazioni dislocate su buona parte del territorio. Il ciclo produttivo della canapa iniziava con la semina e attraverso varie operazioni otteneva la fibra che veniva conferita ai vari consorzi per essere trasformata in prodotti industriali: cordami, teli e sacchi, oppure manufatti di fine artigianato. La denominazione  industriale merita un ulteriore chiarimento che serve a distinguere un prodotto industriale da un prodotto artigianale: il prodotto industriale punta sulla quantità, il prodotto artigianale sulla qualità.

A tutti noi è noto che nelle abitazioni delle nostre nonne era presente un telaio per la tessitura di tele di canapa che a loro volta erano utilizzate per confezionare corredi, tovaglie ed indumenti spesso finemente ricamati. Appare chiaro che la lavorazione della canapa si allungava fino a diventare manufatto artigianale. Potremmo parlare oggi di una autentica filiera agro-tessile.

I primi insediamenti massivi (stabilimenti) – a parte la Canfilfratta – portarono non l’industrializzazione ma un un cambiamento di settore industriale nel quale, inizialmente, la popolazione autoctona non si riconosceva e che determinò l’esproprio e l’abbandono di numerosi terreni e l’acquisizione di nuove abitudini e nuovi bisogni. Cosa abbia motivato l’abbandono della canapa è difficilmente spiegabile. Quando un fatto accade quasi mai è un unico elemento a determinarne le sorti. Sicuramente contribuì molto l’introduzione sui mercati di fibre sintetiche (nylon, terital …) che avevano trovato impiego durante la II guerra mondiale e che cercavano nuovi spazi commerciali. Sta di fatto che nel giro di qualche decennio la canapa e tutto quanto attorno ad essa gravitava divenne poco più di un nostalgico ricordo ed un racconto sempre meno comprensibile da trasmettere alle nuove generazioni.

Pasquale Giuliano