In esito alla richiesta, la DG della Reggia di Caserta Tiziana Maffei ha inviato all’Ordine degli Agronomi una nota che spiega le motivazioni della modalità prescelta per sostituire i lecci della Via dell’acqua accompagnata dalla relazione del prof. Alberto Minelli (Alma Mater di Bologna) e dalla relazione specialistica dello zoologo di Trieste Nicola Bressi. Sostanzialmente la DG della Reggia sulla base della suddetta relazione sostiene che “la scelta della sostituzione integrale di tutto il filare, in tre stralci, orientata dalla consapevole responsabilità di dover trasmettere alle generazioni future l’identità valoriale di un Parco bello e sicuro nonché dalla constatazione che la sostituzione puntuale, se soddisfa la visibilità del momento, non porta al mantenimento dell’architettura vegetale” e “la loro sostituzione immediata con esemplari giovani e vigorosi che nel giro di pochi anni garantiranno servizi ecosistemici migliori rispetto agli alberi presenti.” A tal riguardo, posizione fortemente critica è stata assunta da Ciro Costagliola (agronomo, presidente IRVAT) il quale ribadisce che la suddetta scelta non è condivisa né dal punto di vista tecnico né economico da molti tecnici, agronomi, forestali, amministratori, nonché associazioni ambientaliste. “Abbaiamo più volte ribadito che la puntuale sostituzione dei lecci malati va fatta con lecci autoctoni di almeno 10 anni previa sommaria bonifica del terreno dalle radici vecchie. Cioè, quanto è sempre stato fatto sulle piante, tanto è vero che per la realizzazione dell’attuale effetto prospettico, venivano effettuati prolungati interventi cesori che portavano i filari su due livelli (intorno al 1780 da Carlo Vanvitelli dopo la morte del padre): di lì in poi è sempre stato adottato il criterio della sostituzione puntuale delle piante morte, deperite o cadute. Tanto è vero che oggi il bosco artificiale che forma la Via dell’acqua è un bosco disetaneo e verificando l’età di ogni singolo leccio si può dedurre che in circa 250 anni moltissime piante sono state sostituite senza pregiudicare l’effetto paesaggistico progettato: così si è sempre fatto e così bisogna continuare a fare!
Il mancato attecchimento o il non corretto sviluppo è dovuto verosimilmente alla mancanza di cure ed irrigazione necessarie nei primi anni di messa a dimora, all’assenza di una necessaria manutenzione quali regimazione idraulica dell’acqua di ruscellamento che ha scalzato le radici, riporto di terreno vegetale (e non ghiaia come si può facilmente osservare) dove le radici sono rimaste scoperte, alla mancanza di trattamenti fitosanitari endoterapici e posizionamento di trappole per insetti minatori. Inoltre, circa la crescita dei lecci è risaputo che è una pianta a lento accrescimento quindi la sostituzione con esemplari giovani non garantirà in pochi anni la ricostruzione dei servizi ecosistemici richiamati né tantomeno l’attuale effetto di perfetta prospettiva paesaggistica”.
Sullo stesso tono della nota della DG la relazione del prof. Alberto Minelli (Alma Mater di Bologna) che “ritiene plausibile consigliare il rinnovamento a stralci piuttosto che procedere a sostituzioni puntiformi e saltuarie a fronte di schianti e ribaltamenti”. Ma anche a tal riguardo osserva Costagliola “Un rinnovamento a stralci significa semplicemente una sostituzione in 3 lotti delle 750 piante di lecci della Via dell’Acqua con un lungo, inevitabile periodo di stravolgimento della prospettiva vanvitelliana del parco. Da studi e rilievi fatti da tecnici ed associazioni è stato accertato che le piante da sostituire sono meno del 10%. Quindi, sarebbe anche un enorme spreco economico abbattere e sostituire più di 675 piante recuperabili a cui andrebbe dedicata quella maggiore manutenzione che negli ultimi 10 anni è stata evidentemente omessa come hanno accertato i sopralluoghi fatti”.
Condivisibile è invece la relazione del dr. Nicola Bressi che dichiara “La via maestra resta quindi della rimozione delle piante morenti e della loro sostituzione con piante giovani e sane”. Perciò conclude Costagliola “Questa è la soluzione che tutti, agronomi, forestali, amministratori, associazioni, hanno suggerito e che la governance della Reggia ha d’altra parte adottato in 240 anni di gestione della Via dell’acqua.
Intanto, sul tema molti gruppi spontanei specie sui social hanno preso decisamente posizione, e c’è stata anche un’interrogazione parlamentare dell’On. Gianpiero Zinzi rivolta al Ministro Gennaro Sangiuliano anche a seguito di un documento elaborato da un gruppo di lavoro, costituito da associazioni, ordini, amministratori, ex dirigenti della p.a. che sollecitava la DG Maffei ad aprire un tavolo di discussione sul tema; tavolo promesso ma di cui si è ancora in attesa di convocazione.