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Il libro Nicola Erboso “Marcianise storie e tradizioni” | di Tommaso Zarrillo

Nicola Erboso ha nutrito sempre una passione per la città di Marcianise e per le sue tradizioni. Non è un sentimento astratto, ma un legame tradotto spesso in concrete attività di promozione culturale. Negli anni infatti si è dedicato all’arte figurativa producendo pregevoli opere scultoree; organizzato eventi rivolti a valorizzare la cultura popolare locale; coltiva interessi per la ricerca storica soprattutto sulle origini più antiche della sua città. Il testo “Marcianise storie e tradizioni”si compone di parti in prosa e di testi poetici, scritti in vernacolo marcianisano. Le prime ricostruiscono antropologicamente momenti della vita e della storia della nostra città tra la fine degli anni cinquanta e sessanta, integrando questo periodo con riferimenti a storie dei secoli passati.

Le poesie invece, di buona fattura, sono una vera e propria immersione nella memoria di quel patrimonio di tradizioni, abitudini, costumi, folclore, di cui Marcianise è ricca a tal punto che tutta la nostra cultura, pur avendo subito notevoli trasformazioni, conserva ancora i segni di quella secolare identità. Il volume rievoca i ricordi di figure di contadini, che hanno costruito la loro vita intorno ai valori della tenacia nel lavoro, alle azioni solidaristiche e a quei sentimenti comunitari, così diffusi tra la popolazione. Sentimenti richiamati in tutto il testo perché hanno cementato un tessuto sociale locale e gli hanno assicurato una stabilità e un equilibrio, che ha resistito per lunghi anni.

Il testo si sofferma perciò sulle varie azioni di accompagnamento di quel modus vivendi, come le comunitarie Scampagnate a Santa Vennera dopo la Pasqua, i bagni di tanti gruppi di ragazzi presso le chiuse delle “ripe” all’altezza di Pontecarbonara e di Ponterotto, la partecipazione corale alla “Vellegna”, alla “Sciuriata”, al passaggio del Carro della sposa (zita), alla Messa della vigilia di Natale, ai racconti sulla Pietra di Trentola, alla sfilata dei Dodici mesi,  alle Feste della matricola con il suo re Cucuzziello e alle moltitudini, che affollavano le strade e piazze durante la Festa del Crocefisso, le processioni delle antiche arciconfraternite e la più intensa di tutte, quella del Calvario.

Nel leggere queste pagine si sentono i canti delle chiette contadine, delle maciullatrici, si ammirano ancora le “nappate” aperte sui prati antistanti la Chiesa di S. Vennera con le dovizie alimentari, si ricordano le guantiere di fiori, che si offrivano agli sposi in corteo, si vedono i vendemmiatori dell’uva fragola sugli scaloni appoggiati alle “ntennecchie”, ma soprattutto si sentono le voci di un popolo che risarciva un lavoro stressante con racconti, nenie, canti, motteggi e “saturae” teatrali.

Era una città insomma che si era creato il suo “ventre della vacca” non solo come posizione geografica, ma anche per la natura della sua struttura sociale e della sua cultura.

Il testo è arricchito ad un apparato iconografico, realizzato da Michele Colella, le immagini rappresentano per me un richiamo alla mia adolescenza e agli intensi lavori, che impegnavano me e mio padre nella conduzione della nostra azienda agricola, in un periodo in cui scarseggiava la manodopera perché gran parte del sottoproletariato contadino aveva trovato occupazione nelle industrie.

Nicola è geloso di queste storie perché le ha vissute personalmente ed è stato testimone oculare; perciò non consente di farsele defraudare o alterare da interpretazioni fatte a tavolino e quindi lontane dalla realtà. Nicola è consapevole che il nostro mondo contadino, in un rapporto simbiotico con la terra e con il lavoro, ha creato una cultura, una trama di rapporti sociali, di sentimenti comunitari e solidaristici, usati come antidoti e come resistenze alle fatiche, alle sofferenze e ai dolori. Questa cultura ha abituato altresì ciascuno a vivere la propria esistenza in contesti comunitari, ma anche con grande senso di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri. Questa può essere ancora una lezione per noi.

Invito perciò cittadini e soprattutto i giovani a leggere questo testo non solo perché è scritto in un linguaggio accessibile, ma soprattutto perché le storie e le tradizioni sono riproposte in maniera così vera e con l’intento di coinvolgerci ed appassionarci ad un passato, che potrà essere, nonostante i tempi cambiati, ancora una risorsa per contribuire a mettere ordine nelle confusioni ed incertezze di questa nostra società.

Tommaso Zarrillo

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Alfonso Alberico - Marcianise

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