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Il presepe “Cuciniello” | di Pasquale Giuliano

Il Natale si avvicina e fervono i preparativi per le festività. Tra i più sentiti, nella tradizione napoletana, c’è l’allestimento del presepe. San Gregorio Armeno è già  una ressa di curiosi, visitatori, appassionati e turisti. Tutti, lentamente, tra un acquisto, una richiesta, una sosta ed una scoperta finiscono per confluire, riversandosi in una fiumana umana, verso Spaccanapoli. Qui, attratti, distratti da mille lusinghe, odori, sapori, districandosi tra tavoli, bancarelle e persone difficilmente volgono lo sguardo altrove. Su in alto, alla fine dello stretto e lungo budello, adagiati sulla collina del Vomero, dominano severi sul tutto Castel Sant’ Elmo e la Certosa di San Martino al cui interno, in una ricca collezione presepiale, è conservato il presepe “Cuciniello” uno dei più bei presepi napoletani che si conoscano. Allestito nella sala che ospitò le cucine della Certosa di San Martino, deve il suo nome all’architetto, scenografo, drammaturgo Michele Cuciniello (1823-1889). Nato a Napoli, dove si laureò in architettura, aveva vissuto per molti anni a Parigi in una sorta di esilio volontario dedicandosi alla stesura di testi teatrali. Fin dai tempi della laurea cominciò a collezionare pastori presepiali. La sua raccolta nel corso degli anni divenne molto famosa e giunse a contare 800 pezzi. La sua amicizia con Giuseppe Fiorelli (inventore del sistema dei calchi di gesso per riprodurre i corpi dei deceduti durante le eruzione vulcaniche del 79 d.C.) e Demetrio Salazar (storico dell’arte) lo convinse a donare la sua collezione al Museo di San Martino del quale il Salazar era direttore. Alla donazione pose, però, una condizione imprescindibile: l’allestimento scenografico doveva essere curato dallo stesso Cuciniello. Per la realizzazione dell’opera si avvalse della collaborazione del suo amico architetto Fausto Nicolini . Una delle trovate scenografiche di maggior rilievo realizzata fu quella di tagliare parte della volta della sala che accoglieva il presepe per creare un suggestivo effetto di luce spiovente dall’alto. Gli effetti scenografici e gli ambienti rappresentati sono innumerevoli e spaziano tra paesaggi diversi. Tra loro si evidenziano le campagne napoletane del tempo fino a giungere alla ricostruzioni delle recenti scoperte avvenute  con gli scavi archeologici di Pompei. Furono queste, forse, a suggerire il posizionamento della Natività nei ruderi di un tempio pagano che, per molti, sta a significare il trionfo del Cristianesimo sui culti politeistici. Tra le varie ambientazioni colpisce molto la separazione dell’altura della Natività da quella dell’annuncio; Demarcazione, quest’ultima, che viene sottolineata da un profondo ed orrido burrone scavalcato, però, dall’arcata di un ponte che aggiunge un tocco di misticismo alla messa in scena. I presepi del genere “colto”, a differenza delle altre opere d’arte, non recano il nome dell’autore ma quello del collezionista cui appartenevano. Nel presepe del Cuciniello molti hanno identificato il convergere dei suoi diversi interessi, l’architettura e la scrittura teatrale, mediati dall’amore per il collezionismo dei pastori settecenteschi.

Pasquale Giuliano