Continuo a prendere atto, da varie fonti,di ripetute diatribe a fuoco incrociato Sud Nord -Nord Sud.
Ne sono molto turbato e, devo dire, anche notevolmente contrariato soprattutto quando certe affermazioni vengono rese pubbliche da figure istituzionali che dovrebbero tenere ben altri comportamenti evitando di fomentare, in questo modo, ulteriori tensioni e disagi assolutamente fuori luogo.
Cerco di farmene una ragione ma mi riesce molto difficile.
Differenze somatiche e comportamentali sono sempre esistite e continueranno ad esistere.
Ma l’intolleranza verso queste differenze risulta incomprensibile soprattutto nel tempo in cui viviamo.
I fenomeni migratori di intere popolazioni verso altri luoghi hanno accompagnato la storia dell’umanità. Certo non sono stati sempre pacifici ed hanno lasciato strascichi di violenza, prevaricazioni, dominanza, sudditanza, distruzione.
Ma sono stati accompagnati anche da ricostruzioni, apporti di nuove conoscenze, ricchezze, cambiamenti della morale comune, fino all’avvenuta “integrazione-inclusione”.
Due concetti , questi ultimi, apparentemente simili ma sostanzialmente molto diversi.
Possiamo parlare di integrazione quando un elemento entra in una società, ne osserva le regole che gli vengono dettate ed i comportamenti ma, pur avendo in essa un proprio ruolo, conserva il suo modo di essere.
Abbiamo inclusione, invece, quando quelle regole vengono “condivise”, pertanto, il ruolo svolto non è più fine a se stesso; in esso ci si riconosce e si viene riconosciuti.
Quel ruolo, dunque, è finalizzato non più soltanto ai propri scopi ma anche al benessere della comunità di cui si è parte integrante.
Nessuno può dirsi veramente incluso se non è tutelato da quelle norme che ha condiviso o agisce unicamente per il proprio interesse e non anche per il bene di tutta la comunità alla quale appartiene.
In Italia i flussi migratori non sono stati sempre unidirezionali.
Senza andare molto indietro nel tempo, nel “Regno delle due Sicilie” intere comunità albanesi furono accolte in molte zone della Puglia, della Campania e della Calabria.
Evitando inutile demagogia, diciamo pure che erano territori impervi, disabitati, che dettero agli esuli la possibilità di trovare una terra ed ai Borbone l’occasione di popolare aree desolate, infruttuose che, grazie alla presenza ed al lavoro dei nuovi arrivati, diventarono produttive.
I lavori di costruzione della “Reggia di Caserta” oltre a quello di numerosi immigrati, videro anche l’impiego di alcuni schiavi ai quali veniva, però offerta la possibilità di affrancarsi previa conversione alla religione cattolica. La cerimonia avveniva nella cappellina attigua all’ingresso dei giardini della “Flora”
Che dire, poi, di immigrati illustri quali furono i Vanvitelli : Luigi (già allievo di Filippo Juvarra) e la sua famiglia.
Il grande architetto (alla storia Lodewijk van Wittel il cui padre Gaspar si era trasferito in Italia e poi a Napoli nel 1694) aveva origini olandesi e non sto qui ad elencare quali furono e sono ancora oggi i risultati ed i meriti della sua presenza-permanenza presso i Borbone.
Flussi migratori verso il sud ci furono anche dopo “l’Unità d’Italia”; maestranze settentrionali furono, sicuramente, impiegate nei lavori di captazione e convogliamento delle acque del fiume Sele verso la città di Bari mediante l’acquedotto pugliese, cosa che avvenne poco prima dell’inizio della I Guerra Mondiale (24 aprile 1915 apertura della prima fontana- piazza Umberto I)
L’emigrazione interna di massa del Sud verso Nord iniziò nel primo dopoguerra ma ebbe la sua massima esplosione nel secondo, dopo la fine della II Guerra Mondiale, provocando al Sud l’abbandono dei campi ed al Nord una urbanizzazione selvaggia con conseguente invasione di molti terreni per nuove abitazioni ed insediamenti industriali a danno dell’agricoltura locale.
Non sto qui ad esaminare quali furono le ragioni, le cause, gli effetti e le dispute, sicuramente anche legittime, che dall’una e dall’altra parte si potrebbero sollevare. Non intendo addentrarmi nei particolari di una questione mai risolta. Non ne sono all’altezza e non ne sarei capace.
Dico, soltanto, con molta umiltà, che dopo circa un secolo, la storia va guardata con debito distacco.
Di certo anche questi migranti portarono con sé i loro modi di essere, le loro paure, le loro ignoranze, le condizioni economiche, i loro assetti sociali che sicuramente si scontrarono fortemente con il mondo nel quale entrarono a far parte e che doveva integrarli ma, di certo, anch’essi contribuirono a “modificarlo”.
A fronte dei fatti esposti, viene da porsi una domanda : Chi sono oggi i “Meridionali” e chi sono i “Settentrionali”?
Prima che fossero applicate le restrizioni della mobilità a causa della pandemia,circa 40000 persone rientrarono dal nord al sud.
Il 4 maggio si temeva il rientro al sud di circa 3 milioni di persone.
Considerato l’alto numero di meridionali che lavorano al nord (in alcune realtà ,circa il 50% del personale).
Considerato che, della rimanente parte, una buona percentuale è costituita da nonni, genitori, figli, nipoti, amici, medici,infermieri,impiegati, ingegneri, laureati a vario titolo, operai, commessi, artisti, tecnici, piccoli ed anche grandi imprenditori, artigiani ecc. tutti di origini meridionali.
Chi sono allora i meridionali e chi sono i settentrionali?
Se almeno tre milioni di cittadini vivono a “cavallo”, altri sono stabilmente residenti, altri ancora hanno scambi affettivi e commerciali, possiamo ancora fare dei distinguo?
Chi può vantare di non avere avuto “contaminazioni”, chi può dire di essere rimasto sempre lo stesso, chi può sostenere di non aver subito modifiche e cambiamenti?
Possiamo affermare, senza grandi timori di essere smentiti, che nord e sud sono semplici collocazioni geografiche?
Possiamo dichiarare che tali distinzioni hanno ragione di esistere solo nella paura del “diverso”, nelle ansie, negli immaginari collettivi che ci vengono inculcati, a vari fini, da persone (in alcuni casi anche meschine) ancora più ansiose, più frustrate di noi.
Impariamo, a questo punto, noi a fare le “dovute differenze” tra persone ed imbecilli.
Siamo Italiani, riteniamoci e mostriamoci orgogliosi di esserlo.
Pasquale Giuliano