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Gabriele Russo (Teatro Distinto): “Anche il teatro ha una sua urgenza”

Vedere ancora in giro per Marcianise i manifesti di “Prometeo”, lo spettacolo che col mio Teatro Distinto avrei portato in scena ad Aprile (e poi a Maggio e poi…boh!?) è un pugno in pieno stomaco. La fatica, la passione, la gioia di rappresentarlo per centinaia di persone annullata da un’assurda pandemia che ci incatena (per citare il titano di Eschilo) e ci immerge in una nebbia che sembra non voler mostrare nessuna via d’uscita a chi, come me, vive il mondo del teatro. Quel mondo che ti nutre l’anima come poco altro. A quasi tre mesi dallo scoppio di quest’apocalisse, il teatro è ancora messo da parte perché, superata (?) la devastante fase sanitaria, c’è da badare ad altre urgenze per l’economia del Paese. E non vado a parlare di chi, tra artisti e tecnici, col teatro ci campa e che in queste settimane non avrà neppure percepito sussidi (spinoso discorso a parte!), ma di un settore che, non meno inferiore a molti altri che pretendono ripartenze, merita un piano di decisa riapertura. Non me ne vogliano gli odiatori di Tiziano Ferro che, frainteso (poràccio) per aver chiesto notizie per il campo della musica, è diventato l’anticristo.

Ma, arrivati a questo punto, sono ansioso di risposte per quel teatro di cui bisogna ricordare l’urgenza. È urgente perché parte essenziale (o almeno così dovrebbe essere), non solo della nostra identità culturale, ma anche di quella socialità cui da mesi aspiriamo, lanciafiamme permettendo. È urgente perché chi recita, scrive o dirige non è inferiore di un grammo a chi gioca a calcio (ah, certo, il 5% del PIL), ai ristoratori che torneranno a cucinare per noi, ai parrucchieri che protestano caparbi o ai vescovi che riaprono le chiese.

Le priorità e le urgenze, anzitutto sanitarie, le comprendo a pieno, ma quand’è che sapremo come un regista e un attore dovranno muoversi? Con quali modalità, tempistiche e quali nuovi oneri? Si parla, da poche ore, di un ritorno nelle platee teatrali a giugno, con la mascherina, distanziati di almeno un metro dagli altri e sottoponendosi a controlli e distanziamenti all’ingresso e all’uscita. Restrizioni temibili, ma comprensibili e inevitabili (almeno per i primi tempi): che scoraggeranno ulteriormente lo spettatore a tornare a teatro? Mettendo poi sempre più in ginocchio un settore che già non gode di alta popolarità perché hey, vuoi mettere un pallosissimo testo di Omero con una succosa Quattro Stagioni o un Apericena sui Navigli? C’è da augurarsi vivamente che quando sarà il momento, le persone sapranno ancora e nuovamente farsi pubblico, senza paranoie e con la voglia di dare supporto e affetto ad un settore che si, non ha mai salvato vite come gli avengers degli ospedali, ma ha sempre saputo come migliorare le esistenze. Di tutti noi.

P.S. La prima metà del “Prometeo” la passo in ginocchio, in catene. Non avrei mai pensato di essere profetico proprio come il titano che interpreto.

Gabriele Russo

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