Il 31/12/2017 nell’auditorium “de Sanctis” dell’ I.C. Cavour di Marcianise- nell’ambito di una iniziativa di promozione del territorio e di educazione degli adulti- si tenne una conferenza inerente le figure di G .B. Novelli e Domenico Santoro, due personaggi della Marcianise del tempo passato. A relazionare furono due ragazzi – Giuseppe L. e Salvatore F. – ex alunni. dell’I.C. “C.B.Cavour”. I due assunsero il compito con grande entusiasmo ma anche con grande semplicità. La loro, però, fu una mansione importante, uno scambio-promessa tra generazioni che passava nelle loro mani il testimonio della memoria storica della Città ed il senso di appartenenza alla nostra comunità. Appena quattordicenni, i due “relatori in erba”, esposero le tematiche con competenza e dovizia di particolari destando l’ammirazione ed il plauso del pubblico convenuto, attento e motivato. All’incontro avrebbero dovuto prendere parte gli autori dei libri dai quali i ragazzi avevano attinto le loro informazioni: “il Potere della Miseria” del prof. Salvatore Delli Paoli e “Domenico Santoro” del prof. Alberto Marino. Quel pomeriggio, però, fu presente soltanto il prof. Delli Paoli che si complimentò con i ragazzi ed offrì agli astanti nuovi elementi e particolari ragguaglianti. Purtroppo il prof. Marino – “Alberto” – non poté essere partecipe. Se ne rammaricò moltissimo e tentò, fino all’ultimo, di ignorare le giuste preoccupazioni dei figli per le sue condizioni di salute che gli impedirono di portare il suo atteso contributo. Anch’io rimasi molto dispiaciuto, pur comprendendo bene i motivi della sua assenza. Ricordo, invece, con vivo piacere, il colloquio avuto con lui prima della conferenza, anticipando un po’ quelli che sarebbero stati gli aspetti del suo intervento che, sfortunatamente, non riuscì a concretizzare. Eravamo fuori al circolo V .Emanuele – per sua stessa ammissione, “sua dimora”nel tempo che trascorreva fuori casa – in una tiepida domenica autunnale. Già alle prime battute attorno a noi prese corpo un piccolo capannello che divenne via via sempre più numeroso; era un piacevole conversatore, dai toni moderati intrisi della modestia che gli era consueta.
“L’avere a Marcianise una strada intitolata a Domenico Santoro (1921, sindaco Saverio Merola) ha sicuramente contribuito a mantenerne più vivo il ricordo nel tempo. Presumibilmente in assenza di quella di lui ci si sarebbe dimenticati più in fretta. “Domenico” era un uomo inviso a molta gente del suo tempo: a quei ricchi che, in un primo tempo, lo avevano ignorato ritenendolo inoffensivo; combattuto e stremato, dopo, quando si era rivelato pericoloso. Ma, in parte, anche ai poveri che non lo comprendevano e ai loro occhi appariva solo come un guastafeste che impediva e comprometteva le loro pratiche di richieste di favoritismi e manovre clientelari”.
“Bisogna dire, però, che il grosso della sua stagione lo aveva speso in ben altri scenari che non nel Comune di Marcianise: fu, tra le altre cose, redattore dell’Avanti, corrispondente del Mattino e sindacalista attivo. Di ciò ci si rese conto alla sua morte, quando al suo funerale intervennero personaggi della politica ed intellettuali di rilievo nazionale. La sorpresa e l’improvvisa presa di coscienza di chi fosse stato veramente le possiamo ritrovare nelle parole del direttore del carcere in cui il Santoro aveva trascorso l’ultimo periodo della sua esistenza il quale affermò che, se avesse saputo chi si era ritrovato in cella, non avrebbe concesso che gli avessero portato il caffè corretto all’anice al quale il detenuto era avvezzo, perché quella pratica avrebbe potuto costituire un facile espediente per poterlo assassinare”. “Rimane oggetto di discussione lo gradevole episodio della lettera con la quale il Santoro, dal carcere, “faceva ammenda delle sue colpe, chiedeva scusa per il suo agire sconsiderato e domandava perdono” ed egli stesso, in questo modo, scagionava i suoi accusatori”.
“Intanto quello scritto non è conforme al suo stile letterario. Quando inoltrò quella missiva, il Santoro era un uomo profondamente minato nella salute, sfinito e svilito, ben lontano dallo spirito ardente che era stato. Sicuramente una parte importante nella presentazione di quella istanza la ebbe il padre che non sopportava di vedere il figlio morire giorno per giorno. E fu, forse, anche per smorzare i pianti ed il dolore dei genitori che decise in tal senso. Ma era un uomo ormai privo di volontà, forse addirittura privo della capacità di intendere e volere veramente: Domenico Santoro “Mimì” morì meno di due mesi dopo>> Si concluse così quella simpatica conversazione; con i toni moderati di sempre, con la cordialità e la convivialità che gli erano proprie, le stesse di quella sera in cui ci ritrovammo a cantare, all’improvviso, accompagnati alla chitarra dall’immancabile amico Peppe Natale. Ciao, Alberto. Ricorre tra qualche giorno il primo anniversario della tua morte. (03/03/2019). Non ti abbiamo dimenticato.
Pasquale Giuliano