Si trovava a Capodrise, la base operativa dell’organizzazione criminale transnazionale sgominata dalla Guardia di Finanza di Caserta che importava in maniera illegale ingenti volumi di alcol etilico ma anche vodka, rhum e whisky ed altri superalcolici. L’inchiesta, battezzata ‘Black Spirit‘ nata da una precedente indagine di due anni fa, è stata coordinata coordinata dalla Procura di Napoli Nord (procuratore Francesco Greco) e si è conclusa con 13 arresti in carcere, 10 arresti ai domiciliari e 2 obblighi di presentazione nei confronti dei altrettanti indagati in tutt’Italia. In casa di Francesco Cervino, nativo di Napoli, 46 anni, detto ‘Checco’, residente a Capodrise (Caserta) sono stati trovati 160 mila euro in contanti nascosti in una scatola di scarpe. Ai domiciliari sono finiti anche Baldissara Paola (classe 1972 di Capodrise, moglie di Francesco Cervino) e Caprio Giuseppe 1974 Capodrise
Erano nullatenenti per il Fisco, ma vivevano in ville e viaggiavano a bordo di Suv con targa estera da decine di migliaia di euro, nascondendo a casa cospicue somme in contanti, frutto delle ingenti frodi realizzate con la vendita in nero di milioni di litri di alcol. E’ l’identikit dei capi dell’organizzazione criminale dedita all’importazione illecita di alcol, smantellata dalla Guardia di Finanza di Caserta – guidata da Andrea Mercatili – che ha eseguito 25 misure cautelari emesse dal Gip del tribunale di Napoli Nord nei confronti dei altrettanti indagati in tutt’Italia; oltre al 46enne Francesco Cervino di Capodrise, nelle cui abitazione, in due scatole di scarpe, i finanzieri hanno rinvenuto 163mila euro in contanti, il 45enne Michele Galotta di Scisciano (Napoli), entrambi finiti in carcere. Tra i destinatari della misura carceraria anche il gestore di un deposito fiscale di Gussago (Brescia), un funzionario “compiacente” dell’Agenzia delle Dogane di Trieste, il 50enne Daniele Di Blasi: questi – hanno accertato i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta – avrebbe attestato falsamente che l’alcol importato da Germania e Bulgaria, dopo aver assolto le pratiche fiscali, prendeva la via di Serbia e Azerbaijan. La realtà era diversa, sostengono gli inquirenti: quell’alcol, soprattutto alcol etilico ma anche vodka, rhum e whisky, alla Dogana non ci arrivava proprio, ma restava in parte in Italia, e veniva rivenduto in nero soprattutto all’ingrosso ma anche al dettaglio; una piccola parte andava anche in Gran Bretagna. Cervino e Galotta – è emerso – non sfruttavano solo il “gancio” all’Agenzia delle Dogane, ma avevano anche altre modalità operative, come l’utilizzo di depositi fiscali in difficoltà economiche sparsi per l’Italia, quattro dei quali, da Roma a Bologna passando per Brescia e Grosseto, sono finiti sotto sequestro; gli indagati usavano anche i documenti di accompagnamento semplificati, mediante i quali attestavano falsamente l’assolvimento dell’accisa. I diversi modus operandi hanno permesso ai due capi del gruppo di massimizzare in due anni il guadagno, ben sapendo che prima o poi sarebbe stati scoperti e arrestati. Quest’indagine nasce infatti da una precedente inchiesta del marzo 2017, che vedeva indagato per gli stessi fatti sempre Cervino; questi, pur sapendo di essere nel mirino della Procura, ha riorganizzato l’attività spostando la sede della propria società fittizia a Caivano. Da qui ha messo in piedi una rete di società cartiere, ovvero fittizie, che dichiaravano di importare l’alcol da altri Paesi Ue, e di esportarlo verso Paesi extra Ue; il prodotto restava pero’ in Italia. I prestanome percepivano uno stipendio mensile, pari a 1000 euro. Durante le indagini i finanzieri hanno sequestrato 150mila litri di alcol etilico e superalcolici e sette autoarticolati. Stamani, gli investigatori sono andati ad apporre i sigilli a numerose auto di lusso intestate ai due capi, come Porche, Mercedes, ad alcune ville, a gioielli d altri beni, e presso alcuni prestanome hanno rinvenuto 40mila in contanti.