Sul letterato, patriota e giornalista politico Federico Quercia da Marcianise c’è ancora molto da ricercare e tanto da capire. Innanzitutto bisognerebbe mettere insieme i suoi scritti sparsi un po’ ovunque (prose e versi in particolare), di cui alcuni difficilmente reperibili. Buona parte di essi sono stati già raccolti e fascicolati, dopo un lungo lavoro di ricerca, da alcuni collaboratori di “Marcianise Digest”, e contiamo di presentarli ai nostri lettori già dal prossimo numero. Inoltre andrebbero ben studiate anche le contraddizioni tra i primi articoli di giornale del Quercia, recuperati durante la ricerca, e quelli successivi. Infine ci sarebbe da approfondire l’eventuale sovrapposizione tra il Nostro e quel Federico Quercia pittore che partecipò alla Settima Esposizione della Società Promotrice di Napoli del marzo 1870, e all’Esposizione Nazionale di Parma dello stesso anno con due vedute del parco di Caserta; pittore alla cui scuola si formò addirittura Filippo Palizzi. Di seguito si presentano notizie inedite e interessanti riguardo alcuni scritti di F. Quercia, in particolar modo si pubblica una più ampia bibliografia e alcuni particolari di vignette ottocentesche che vedono Federico Quercia protagonista, a testimonianza dell’importante ruolo che egli occupava, sia nei giornali con i quali collaborava che nella vita politica dell’epoca.
Scrittore di versi, di novelle e di articoli letterari, poi anche giornalista politico, Federico Quercia (Marcianise 23 febbraio 1824 – Napoli 12 giugno 1899) partecipò ai moti di Napoli del 15 maggio 1848 e fu anche ferito dopo essersi arruolato volontario nell’esercito del generale Guglielmo Pepe.
Fu quattro volte in carcere con Pessina, Poerio e Spaventa, e poi, nel marzo 1860, in esilio in Toscana. Seguì come giornalista la spedizione dei Mille.
Scolaro del Puoti, in filosofia del Palmieri, in diritto del Savarese, si formò anche alla scuola di Francesco De Sanctis, suo maestro ed amico, insieme al quale fu redattore del giornale “Il Nazionale” (gloriosa plejade di patriotti illustri), e alla cui morte (dicembre 1883) scrisse una commemorazione da Reggio Calabria (dove poi diventò Rettore del Real Liceo Ginnasio e del Convitto “Tommaso Campanella”). “Nella sua scuola, diceva del De Sanctis, si formava col letterato il cittadino. E bene lo dimostrò il 1848. I suoi discepoli ebbero parte efficace e viva in quel rivolgimento…Vi si andava per conoscere nella letteratura, negli scrittori, il cammino del pensiero italiano da Dante a Manzoni, per rintracciare di sotto al canto del poeta, alle narrazioni dello storico, all’escogitazioni del filosofo, il corpo vivo della nazione italiana”.
Nel periodo in cui il De Sanctis, da deputato, era direttore de “L’Italia”, giornale dell’associazione unitaria-costituzionale il cui primo numero uscì il 21 ottobre 1863, Quercia era direttore de “La Patria” (dal febbraio 1863, per qualche anno), un giornale di quattro pagine sovvenzionato dal governo e maggior organo del partito moderato (o della Consorteria); fondato a Napoli il primo ottobre 1861, ebbe come primo direttore il comasco Aurelio (Angelo) Bianchi-Giovini. In quel periodo Quercia era accanito sostenitore del ministero Minghetti-Peruzzi-Spaventa, ma caduto quel ministero il giornale diventò di opposizione. Alla direzione de “La Patria” gli succedette Vincenzo Cuciniello e poi altri noti personaggi di quell’epoca; nel 1870 il nome della testata diventerà “La Nuova Patria” e sarà diretto da Raffaele De Cesare fino alla sua chiusura nel novembre 1871.
“Istruire le menti, educare gli animi, formare il carattere, preparare i cittadini, concorrere con l’insegnamento a render grande e rispettata l’Italia nostra”. Era questa la “missione altissima” del Quercia, sapientemente delineata da coloro che lo conobbero. “Mente alta”, di “animo altissimo”, “colla cultura sapiente del poeta e del maestro” e una “vena inesauribile di umore festoso e geniale”. Chiamato da tutti il Professore, lo seguirono alla sua scuola devoti e valorosi discepoli.
Quercia ebbe anche contatti con la regina Margherita di Savoia (allora principessa di Piemonte, che si dilettava a scrivere versi in italiano, francese e tedesco, fino alla vigilia del suo matrimonio), alla quale fece ammirare per primo le poesie di Alessandro Manzoni, che Ella le preferì a quelle dei suoi poeti contemporanei. In segno di riconoscenza la regina inviò al Quercia un suo ritratto, in basso al quale scrisse di suo pugno versi “graziosi e pieni di affetto”. Il marchese Filippo Gualterio, ministro della Real Casa, idealista per eccellenza ed uno dei più caldi fautori del matrimonio di Margherita con Umberto, prima del fausto matrimonio, inviò al Quercia una novella scritta dalla regina in lingua francese, affinchè la traducesse, “ed il futuro provveditore agli studii fece una pregevole versione del lavoro giovanile dell’Augusta Scrittice, a cui la mandò con i più meritati encomii” (il titolo della novella era “L’Angelo delle ispirazioni”, forse mai pubblicata).
In occasione di quelle nozze, Federico scrisse il canto “Al Real Principe Umberto per le nozze con la Real Principessa Margherita”, di cui inviò una copia (il 26 aprile del 1868) ad Alessandro Manzoni, con il quale intratteneva un’amichevole corrispondenza; il Manzoni, con una lettera, lo lodò anche per la “Critica” alla Storia della Letteratura di Cesare Cantù. Tra i manoscritti appartenuti al Manzoni è conservata un’altra lettera, di auguri per l’anno novello, che Quercia gli inviò il 28 dicembre 1871.
“Quercia non aveva che amici”, scrisse il De Cesare che gli fu amico per 36 anni; “si passavano giornate a sentirlo; lo si cercava per ascoltare la narrazione di tante cose, di tanti aneddoti”.
Modesto e dignitoso”, di vasta cultura letteraria, fu stimato e onorato da molti; il professore Salvatore Longo di Sessa Aurunca gli dedicò il suo libro “Poesie religiose patriottiche e per occasione” del 1870, all’inizio del quale scrisse a piena pagina la seguente dedicatoria: “Al Professore Quercia Federico, Provveditore della Provincia di Terra di Lavoro. Critico acuto, insigne letterato di nobili e liberi sensi. L’autore in segno di stima sentitamente offre”.
Federico Quercia, come patriota, non fu esente da critiche, come quella riportata sul giornale “Il Terremoto” del 5 agosto 1863, in cui lo si accusava per un suo vecchio articolo su “Il Nomade”, dove adulava “un Borbone, un nemico!…uno della maledetta razza tanto odiata dal liberalissimo Quercia”, e diversi personaggi che “oggi me li chiami briganti, assassini, ladri e peggio!”; proprio lui che ormai era famoso come fervente oppositore dei Borbone e difensore di idee di libertà e patriottismo. Si trattava di un suo articolo apparso su “Il Nomade” del 14 dicembre 1859 (anno IV, n° 97) dove Quercia descriveva la festa tenuta il 3 dicembre di quell’anno, a casa di S. A. R. il conte di Siracusa (principe Leopoldo di Borbone, fratello del re Ferdinando II), in cui elogiava la serata e alcuni personaggi invitati.
Alfonso Casanova (Alfonso Della Valle, marchese di Casanova, filantropo e grande educatore), definì Quercia “uno dei più tedesco-maniaci, cultore del vero e del bello”, per aver criticato alcuni versi del suo amico Carlo Morelli pubblicati in una strenna di un giornale dell’epoca.
Fervente anticlericale, in più occasioni Quercia enunciò le sue idee sulla Chiesa e sul Papa: “Non si spianterà il Papa da Roma senza una nuova guerra” si leggeva in un articolo di fondo del numero 1 del giornale “La Patria”, nato il primo ottobre 1861, che il nostrano letterato guiderà dal febbraio di due anni dopo.
In maniera esplicita, sulla questione romana, si espresse su alcuni giornali umoristici a cui collaborò e sui quali, tranne che in rari casi, si firmava sempre con uno pseudonimo. Ma anche nella sua relazione al VII Congresso Pedagogico italiano del 1871 e ne “L’Attuale Quistione”, opuscolo dedicato “All’Illustre Professore Lignana”, dove parlando dell’”Assemblea disciolta” e della “Legge sull’Asse Ecclesiastico”, aprì il “suo animo” e scrisse: “La Chiesa è come un cavicchio ficcato nel corpo della società civile, da cui trae i suoi più vigorosi alimenti di vita e di ricchezza”.
Favellatore arguto e geniale, Quercia fu “un galantuomo di quelli, che neppur credevano fosse possibile, per far cammino nella vita, professare slealtà, rinnegare amicizie, cambiar casacca ad ogni occasione”. Cambiò più volte abitazione, l’ultima fu a Napoli a Taverna Penta dove vi abitava con Nicola de Giosa.
“Canuto, con la fluida barba bianca e la caratteristica zazzera piovente, e con l’aria da innamorato distratto”, morì poverissimo, sui suoi libri, a Napoli il 12 giugno 1899. Le spese del funerale gli furono pagate dalla bontà del prefetto Cavasola, che conobbe quando era provveditore agli studi a Foggia.
Federico Quercia non mise mai ordine tra i suoi scritti e nessuno lo ha fatto finora al suo posto. Noi inizieremo questo lavoro di riordino con due pubblicazioni già quasi pronte: la prima si intitola “Federico Quercia, versi e prose sparse” e la seconda “Luigi e Giulia” (un racconto che fu pubblicato in diverse puntate sul giornale “Il Nazionale” e probabilmente mai raccolto in un libro), entrambe edite dall’associazione Grism.
Gianni Di Dio
F. Quercia e la stampa umoristica
I grandi fermenti rivoluzionari del 1848, che portarono alla Costituzione concessa da Ferdinando II e alla conseguente libertà di stampa (ben presto di nuovo limitata), consentirono il fiorire di numerose testate patriottiche a frequenza periodica o quotidiana, filo mazziniane e filo garibaldine o
filopiemontesi, con comuni contenuti antiaustriaci, antifrancesi e antipontifici.
Federico Quercia fu tra i maggiori protagonisti di questo scenario, ritagliandosi un ruolo particolarmente attivo. Scrisse su “Il Nazionale”, organo del partito liberale unitario, con un programma rivoluzionario e antidinastico diretto da Ruggiero Bonghi (con Silvio Spaventa nel Consiglio di Direzione), di cui Quercia fu uno dei principali scrittori insieme a Francesco De Sanctis, Pasquale Villari ed altri.
Con Carlo De Cesare, Pasquale Trisolino e Vincenzo Padula fondò nel 1856 il “Il Secolo XIX” che durò solo alcuni mesi, e fu direttore de “La Patria” (dal febbraio 1863, per qualche anno), il maggior organo del partito moderato.
Collaborò a “La Nazione” (sulla quale scrivevano anche Silvio Spaventa, Luigi Settembrini e Nicola Nisco), a “Il Nomade”, “L’Omnibus”, “La Perseveranza”, “Il Diorama”, “La Ghirlanda”, “L’Iride”, “L’Epoca”, “La Sirena” e sulle due riviste importanti di allora, “Museo” di Stanislao Gatti, e “Il Giambattista Vico” del Conte di Siracusa (principe Leopoldo di Borbone). Inoltre scrisse sulle strenne di diversi giornali.
Contemporaneamente, firmandosi qualche volta con il suo nome e molto spesso con pseudonimi, scriveva anche su giornali umoristici, molto numerosi in quel periodo e di cui Napoli ne diventò la culla grazie soprattutto a “L’Arlecchino, giornale comico politico di tutti i colori” fondato da Emanuele Melisurgo. Questo giornale, d’ispirazione liberale e primo in Italia nel suo genere, nacque il 18 marzo 1848 e fu soppresso nel giugno 1849. Dopodiché seguì una lunga serie di giornali, anche perché spesso pagati con danaro del governo, molti dei quali venivano man mano soppressi e costretti a cambiare periodicamente il nome della testata.
Quercia scrisse invece su un altro “Arlecchino” – giornale caos di tutti i colori -, fondato oltre un decennio dopo, in pieno periodo garibaldino, che usciva “tutt’i giorni, meno che le Domeniche”. Su questo giornale apparvero numerose vignette che lo vedevano protagonista. Sul numero del 16 luglio 1863 fu pubblicata una vignetta rivolta all’allora prefetto di Foggia, Giuseppe de Ferrari, per una sua ordinanza. La vignetta era accompagnata dalla scritta “Tityre tu patulae recubansi tegmine Quercae” (Tu che giaci all’ombra di una grande Quercia). La parola “Quercia” era riferita a Federico Quercia, la cui immagine, con il corpo trasformato in un albero, compare all’interno del disegno. Sul numero successivo del 17 luglio, la direzione del giornale aggiunge la seguente nota riguardo a un errore a proposito della scritta che accompagnava la vignetta: “Ci hanno criticato a morte perché nella nostra caricatura di ieri abbiamo fatto la quercia della prima e non della quarta scrivendo quercae. È vero, verissimo e noi a ginocchia scoperte ne domandiamo perdono prima a Dio e poi agli uomini. Ma giacchè stiamo parlando di colpa vogliamo addirittura confessare che la nostra colpa fu premeditata. Quella desinenza in Us ci sembrava troppo brutta per un albero di tanto rispetto – Sarebbe stato lo stesso che assimilarlo ad un porco – e questa non era la nostra intenzione; tanto più che già vi era un altro animale in scena – un gatto. Noi volevamo ingentilirlo invece e riducendolo della prima crediamo di aver raggiunto lo scopo. Sarà stata una corbelleria, ma precisamente per questo Arlecchino è incorreggibile”.
Federico Quercia collaborò ad altri giornali umoristici dell’epoca come “Pulcinella”, nato nel 1863, del quale forse ne fu il fondatore (siamo ancora su altre tracce che confermano questa notizia). Come fu osservato da chi lo conosceva bene, aveva una “finezza comica dello spirito, una tendenza, tutta meridionale, a idealizzare e a volgere in burletta le cose spesso più serie”.
Oltre che su “Arlecchino” e “Pulcinella” scrisse su “Brighella”, “L’Arca di Noè”, “Il Tuono” (poi “I Tuoni” e infine “Che Tuoni!!!”), e il suo nome si trova citato, (spesso criticato, a volte in maniera sottintesa e altre volte esplicita), su “La Camera dei Deputati”, “Lo Nuovo Diavolo Zuoppo e Polecenella”, “Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto”, “La Farfalla” e “Il Pungolo”, giornale politico popolare della sera, su cui, il 7 novembre 1862, apparve la notizia di un corso pareggiato di Letteratura Italiana che Quercia avrebbe dato nella Regia Università degli Studi, e di lezioni private sull’Arte dello scrivere e sulla Lingua Italiana che dava nelle ore pomeridiane, tre volte la settimana, in via Toledo n° 329, negli uffici dell’Avvenire.
Quercia fu anche autore di numerose rassegne teatrali: come ricordò il suo amico Raffaele De Cesare in uno scritto commemorativo del 1900, “non vi fu quasi giornale napoletano, nell’ultimo decennio,nel quale non collaborò”.
L’importante ruolo che Quercia occupava nei giornali con i quali collaborava e nella vita politica dell’epoca, viene confermato dalla sua assidua presenza nelle vignette umoristiche disegnate da Enrico Colonna, Antonio Manganaro, Melchiorre Delfico ed altri, che accompagnavano molti giornali umoristici, in particolar modo, su “Arlecchino”, “Pulcinella” e “L’Arca di Noè”, giornale umoristico-politico-quotidiano, diretto da Filomeno Alessandroni. Vignette che ci proponiano di distribuire al più presto, raccolte in un unico fascicolo, e delle quali pubblichiamo alcuni particolari in queste pagine. gdd
Scritti e opere di Federico Quercia
In ordine cronologico
•1845 – Senza titolo: “Passando i giorni vedovi di amore…”, in: “Prose e Versi in morte de’conjugi Gennaro Galbiati e Serafina Bolognese”.
•1850 – “Stradella, trovatore del 1300” tragedia lirica di Federico Quercia, musica di Vincenzo Moscuzza.
•1851 – “Il viatico di notte”, sonetto; in: “Il quattordici agosto del 1851, raccolta di prose e di versi”, per cura di Alessandro Santini – a beneficio dei danneggiati dai tremuoti nella Basilicata. •1852 – “Sonetto”, in: “La Carità, raccolta di prose e di versi”, per cura di M. Zigarelli – a beneficio dei danneggiati dai tremuoti nella Basilicata.
•1852 – “Sonetto”, in: “La Farfalla, strenna pel Capo d’Anno e pe’ giorni onomastici”, a cura di Vincenzo Corsi. •1853 – “Procida”, in: “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” vol. I, opera diretta da Francesco De Bourcard.
•1853 – “Idillo”, all’amatissimo Nicola Marselli.
•1853 – Senza titolo: “Più non ti veggo, Amalia…”; in: “La Farfalla, strenna pel Capo d’Anno e pe’ giorni onomastici”, a cura di Vincenzo Corsi.
•1854 – “Romanza”; in: “La Farfalla, strenna pel Capo d’Anno e pe’ giorni onomastici”, a cura di Vincenzo Corsi.
•1854 – “Della poesia religiosa – Discorso”. Parole di Federico Quercia a premessa della “Nuova raccolta di Poesie Sacre d’Illustri italiani del presente e del passato secolo” di Luigi Vicoli.
•1854 – “Leonilda”, dramma lirico in tre atti: da rappresentarsi al Teatro S. Ferdinando nel marzo 1854; musica di Michele Ruta.
•1855 – “Saggio storico e critico della pittura napoletana, dal Solimena al Morelli”.
•1855 – “Vittoria Colonna, dipinto ad olio di Domenico Morelli”, prosa; in: “La Sirena – Augurio pel Capo d’Anno”, per cura di Vincenzo Torelli.
•1855 – “In morte d’Isabella Ruggiero, nata di Teodoro Civita”; in: “La Farfalla, strenna pel Capo d’Anno e pe’ giorni onomastici”, a cura di Vincenzo Corsi.
•1855 – “L’opera in musica dal Pergolesi al Verdi”.
•1857 – “Pergolesi, melodramma semiserio in tre atti”, musica del Maestro Paolo Serrao, da rappresentarsi nel Real Teatro del Fondo nell’estate del 1857.
•1857 – “I nuovi Arcadi”, prosa; in “La Sirena – Augurio pel Capo d’Anno”, per cura di Vincenzo Torelli.
•1858 – “Il Poeta”, prosa; in “La Sirena – Augurio pel Capo d’Anno”, per cura di Vincenzo Torelli.
•1858 – “A Giuseppe Verdi, dopo l’audizione de’ Vespri siciliani e del Simon Boccanegra”, versi in tributo al maestro di Busseto.
•1858 – Senza titolo: “Nella rustica chiesa e sul devoto Altare…”, dedicato alla figlia di Gennaro Serena; in: “A Raffaella Serena per la sua religiosa vestizione nel Real Monistero di S. Chiara in Napoli”.
•1859 – “Carlo (frammento)”, versi; in “La Sirena – Augurio pel Capo d’Anno”, per cura di Vincenzo Torelli.
•1860 – “A Vittorio Emmanuele”, in: “Omaggio partenopeo al Re Galantuomo Vittorio Emmanuele”, a cura di Gaetano Galdi.
•1861 – “Luigi e Giulia – racconto – ”. Opera di Federico Quercia pubblicata in diverse puntate su “Il Nazionale” (prima puntata 29 ottobre 1861). Nel 1876 Enrico Isernia ci informa della pubblicazione di un romanzo di Federico Quercia dal titolo “Luigi e Giulia, racconto dei nostri tempi” del 1861; ad oggi siamo riusciti a reperire solo la versione stampata su “Il Nazionale” che a breve raccoglieremo in un unico fascicolo.
•1863 – “Ode (In morte dell’Ada)”, in: “Ricordo di Ebe e Ada Benini e di Giovanni Costantini” (Girolamo Buonazia). •1863 – “Ladislao Re di Napoli”, tragedia lirica in tre atti di Federico Quercia, posta in musica dal Maestro Cav. B. Pisani. Da rappresentarsi nel Regio Teatro Pagliano, l’autunno 1863. •1863 – “Del modo onde dev’essere considerata la Storia della Letteratura Italiana: prelezione al corso pareggiato di letteratura italiana nella regia università di Napoli”.
•1865 – “Della Storia della Letteratura Italiana compilata da Cesare Cantù”, giudizi e considerazioni (seconda impressione riveduta e corretta).
•1866 – “Discorso per l’inaugurazione della Scuola Normale di Capua”.
•1867 – “Dell’efficacia della Pubblica Istruzione”, parole d’inaugurazione alla riapertura del Liceo-Ginnasio “Pier della Vigna”.
•1867 – “Canti tre” (Mistero; Pentimento; Dopo la battaglia di Custoza). Quercia corresse a mano alcuni versi del canto su Custoza, in quasi tutte le copie distribuite.
•1867 – “L’attuale quistione”. •1868 – “Grammatica italiana” divisa in tre parti, accomodata alla seconda, terza e quarta elementare ed alle scuole tecniche e ginnasiali.
•1868 – “Al Real Principe Umberto per le nozze con la Real Principessa Margherita” (Canto).
•1869 – “Per la festa letteraria e per la inaugurazione della Biblioteca Municipale”, parole lette nel Ginnasio di Caserta il dì 6 giugno 1869.
•1869 – “La Scuola e la Società”, parole dette all’inaugurazione dell’Asilo di Marcianise.
•1870 – “Jacopo Sannazzaro – uomo, politico e poeta”.
•1871 – VII Congresso Pedagogico italiano “Relazione del Professore Federico Quercia sul tema I.° Per la sezione degli studi primari” (Se l’uniformità dell’ordinamento scolastico elementare, prescritto dalle leggi vigenti in tutta Italia, tanto per la parte dei programmi, quanto pel tempo assegnato alle scuole, conferisca alla diffusione della istruzione ed alla migliore educazione del popolo italiano; e, se torni a danno, quali provvedimenti sarebbero opportuni per ovviarli).
•1872 – “A Raffaele Cuccari, nei funerali solenni a lui fatti celebrare dalla Deputazione Provinciale di Terra di Lavoro nelle chiesa S. Antonio di Caserta il dì 23 aprile”.
•1876 – “L’istruzione elementare nella provincia di Benevento. Relazione del B. Provveditore agli studi”.
•1878 – “In morte di Vittorio Emanuele II. Primo Re d’Italia”.
•s.d. (forse 1879) – “L’Apoteosi del Re Vittorio Emanuele”, Versi di Federico Quercia scritti appositamente per l’artista Cav. Dominici Enrico.
•1880 – “Parole lette nella solenne premiazione alle alunne ed agli alunni più segnalati della Società operaia di Chieti da Federico Quercia per invito dell’onorevole Direzione della società stessa”.
•1884 – “Conferenza del Cav. Federico Quercia nel Gabinetto di Lettura”, da Reggio Calabria; commemorazione per la morte di Francesco De Sanctis.
•1893 – “S. Tommaso D’Aquino e la Scolastica”.
•1895 – “20 settembre 1870”. •s.d. “Del primato che gl’italiani hanno nelle lettere”, discorso letto all’apertura del Corso di Letteratura in una sala dell’ex-Collegio del Salvatore, annesso all’Università degli studii, il giorno 13 febbraio.
•s.d. “Tu primo pensiero”, duettino; parole di F. Quercia, musica di Tommaso Benvenuti;
•s.d. “Romanza per Baritono: Ramingando per strada vie contrade”; parole di F. Quercia, musica di Tommaso Benvenuti; •s.d. “Christus natus est nobis”, partitura; copista: Federico Quercia.
••Federico Quercia scrisse diverse novelle, tra cui “Un nome” e “Una povera madre”.
F. Quercia scrisse anche diversi articoli – e rassegne musicali – su vari giornali; qui ne riportiamo solo alcuni.
•1858 – “Il Nomade”, 17 febbraio, anno III, N° 13; Quercia parla di una prosa di Gennaro Serena relativa alla storia.
•1859 – “Il Nomade”, 14 dicembre, anno IV, n° 97. Su questo numero F. Quercia scrisse un articolo in cui descriveva la festa tenuta il 3 dicembre di quell’anno, a casa di S. A. R. il conte di Siracusa (principe Leopoldo di Borbone, proprietario del giornale), in cui elogiava la serata e alcuni personaggi invitati. L’articolo fu, anni dopo, ripreso dal giornale popolare “Il Terremoto” con toni abbastanza critici nei confronti del Quercia.
•1860 – “Il Nomade”, anno V, N° 10. Quercia parla della prosa di Gennaro Serena “Dell’uomo in Società, del corpo Sociale e delle sue malattie come conseguenze dell’umana organizzazione”. Su “Il Nomade” si occupò anche de “Il monte Circello” di Aleardo Aleardi.
•1860 – “Delle poesia ne’ tempi moderni”, in “Il Nazionale”, anno I, n° 90, 23 novembre.
•1861 – “Faust, tragedia di W. Goethe tradotta in versi da Federico Persico”; in “Il Nazionale”, anno I, n° 201, 10 aprile.
•1861 – ”Poemetto di Francesco Giovine”, in “Il Nazionale”, anno I, n° 169, 28 febbraio.
•1861 – ”I sette soldati, canto di Aleardo Aleardi” (parte prima); in “Il Nazionale”, anno I, n° 188, 23 marzo. La seconda parte sarà pubblicata sul numero 197 del 5 aprile.
•1863 – “Novità di S. Carlo”; da: “Arlecchino” (quotidiano), anno IV, n. 190, mercoledì 12 agosto. •1863 – “Il brigantaggio è favorito dal Governo”; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – mercoledì 5 agosto, anno II, n° 246.
•1863 – “Al Magistrato Vacca”; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – domenica 20 settembre, anno II, n° 253 (nella caricatura interna si intravede anche l’immagine di F. Quercia).
•1863 – “Auguri di Natale”; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – giovedì 24 dicembre, anno II, n° 354. All’interno di questo componimento umoristico c’è una strofa firmata Federico Quercia.
•1863 – “Il Terremoto”, giornale popolare; mercoledì 5 agosto, anno I, n° 12. Nella rubrica ”Varietà” viene fortemente criticato un articolo che Quercia pubblicò il 14 dicembre 1959 sul giornale “Il Nomade”.
•1864 – “Inno malvaceo”, composto da Federico Quercia e messo in musica dal Maestro de Giosa (la firma in calce è “Japhet”, probabile pseudonimo di Quercia); da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – martedì 5 gennajo, anno III, n. 4.
•1864 – “Per la partenza di un alto Personaggio”, sonetto; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – lunedì 29 febbrajo, anno III, n. 59.
•1864 – “Allo Statuto”; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – domenica 5 giugno, anno III, n. 152.
•1864 – “Il Postfiasco”, tragedia lirica metastasiana; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – giovedì 21 luglio, anno III, n. 197.
•1864 – “La Santa Alleanza”, melodramma di Federico Quercia con la musica del Maestro D. Nicola… de Giosa e di tutti gli altri maestri saccheggiati dall’altefato D. Nicola (la firma in calce è “CAM”; dovrebbe essere lo pseudonimo di Filomeno Alessandroni, il direttore dell’”Arca”); da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – mercoledì 13 luglio, anno III, n. 189.
•1865 – “Al patto segreto”, ode; da: “L’Arca di Noè”, giornale umoristico, politico, quotidiano – giovedi 30 marzo, anno IV, n. 73. •1867 – “La Patria”, A VII, n° 272, 3 ottobre 1867; su questo numero Quercia recensisce il racconto “Fuchsia” di Vittorio imbriani. gdd