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Santa Venere, non Santa Veneranda | di Gianni Di Dio

Non si capisce il motivo per cui quasi tutti gli amministratori e diversi giornali (e di conseguenza alcuni cittadini), da un po’ di anni a questa parte hanno cambiato la denominazione della chiesa di Santa Venere di Marcianise in Santa Veneranda. Addirittura il sindaco (inconsapevolmente) lo ha ripetuto in una telefonata ufficiale a tutte le famiglie della città.

L’avranno appreso da qualche recente opuscoletto che qualcuno gli avrà regalato o da qualche fuorviante ricerca in rete?

Si potrebbe discutere se il nome della “inventata” santa deve essere Venere oppure Venera (che già è una ricerca complessa: vedi “Marcianise Digest” ottobre 2014); ma chiamare la nostra chiesetta, senza conoscerne la motivazione o darne una valida giustifica, con il nome “Santa Veneranda” invece di Santa Venere (come da sempre ha fatto la popolazione), significa creare confusione nella memoria dei cittadini, oltre che cambiare forzatamente il percorso della storia.

Una cosa è certa, il nome Venere (molto scomodo per la Chiesa cattolica, tant’è che nessuno può battezzarsi con questo nome) è quello da cui derivano tutti gli altri.

Se fosse vero che la nostra chiesetta campestre è sorta sulle rovine di un tempio pagano dedicato all’antica dea romana (dopo diversi indizi rilevati e pubblicati sarebbe ora di uno scavo sistematico) allora vuol dire che, come spesso succedeva, pian piano i cristiani ne hanno cambiato il nome in maniera “indolore”; e poiché i contadini e gli abitanti dei vici erano i più restii ad abbandonare i loro vecchi Dei (soprattutto quando si trattava di Venere), probabilmente ci sarà stato il passaggio da Venere a Santa Venere.

È la stessa chiesa capuana che, in un documento del 1285, scriveva di possedere terre in Villa Marzanisii nel luogo detto SANCTA VENERE (vedi Gabriele Jannelli nel suo libro sulla storia di Marcianise).

L’esempio più emblematico della conversione di un tempio pagano in una chiesa cristiana è il Pantheon di Roma, ma se ne conoscono decine di casi accertati. Per la stessa Marcianise antica, alcuni storici riferiscono dell’esistenza di un tempio di Marte convertito in San Martino in epoca cristiana.

In realtà Santa Venere e Santa Venera sono due sante mai esistite, anche se per la seconda qualcuno fa circolare leggende su una sua presunta esistenza.

Nella prima edizione del “Martirologio Romano” (libro liturgico contenente i nomi di tutti i santi e beati riconosciuti come tali dalla chiesa cattolica) promulgata nel 1586 da Papa Gregorio XII, compare solo il nome Santa Veneranda, ma siamo già arrivati nel XVI secolo e la Chiesa avrà avuto tutto il tempo per “riflettere e mettere ordine”. Nonostante ciò, nella nostra penisola la denominazione di molte chiese, città e borghi, rimase Santa Venere o Santa Venera, e molti genitori hanno continuato a chiamare le loro figlie (nei secoli e a tutt’oggi) Venere o Venera, cosicchè la Chiesa fu quasi costretta a “reinserire” quanto meno il nome Venera (la giustifica fu: “in ricordo di Santa Venera di Sicilia”, che era ed è ancora una “potenza” difficile da debellare).

Successivamente si tentò di far derivare Santa Venera da parasceve, nome dato dai cristiani al venerdì santo; dopodiché la santità di questa giornata si sarebbe concretata in una Santa Parasceve, che in latino diventerebbe (direi quasi per miracolo) una Sancta Veneræ Virginis et Martyris, ragion per cui Santa Venera deriverebbe da “venerdì” e non dalla dea Venere. Se a questo aggiungiamo la sua presunta derivazione da una “Santa Parasceve” di origine orientale, allora la frittata è fatta. Insomma, un ingarbuglio per sviare la scomodità del nome Venere.

“La Chiesa” si è sempre guardata dal dare l’appellativo di “chiesa” al tempietto di Santa Venere in Marcianise; appellativo che solo la popolazione ha tenuto e tiene in piedi ancora oggi, a differenza dei responsabili del clero che non hanno fatto (e non fanno) niente per evitare la sua definitiva distruzione (si pensi anche alla soppressione della storica processione con l’incontro tra San Michele e Santa Venere).

Il nome Santa Veneranda, riferito all’attuale chiesetta di Santa Venere in Marcianise, fu usato timidamente nel 1776 dal canonico Francesco Granata (ad oggi ci risulta la prima ed ultima volta da parte di uno storico non contemporaneo) che la definì “romitorio” e non “chiesa”, nella sua Storia Sacra della Chiesa Metropolitana di Capua, nonostante tutti continuassero a chiamarla chiesa di Santa Venere (da qualcuno corrotto in Venera) e nonostante la diffusione in quell’epoca di un opuscolo del 1781 dedicato alla “Patronæ Amplissimæ, et Fedelissiæ Civitatis Acis (Acireale)”, che circolava anche tra i prelati delle nostre zone, dal titolo “Officium Proprium in Festo S. Veneræ Virginis, et Martyris”. Oltretutto non dimentichiamo che il canonico Granata era sottoposto a “ordini” superiori e quindi doveva attenersi al martirologio ufficiale.

Non esistono quindi motivazioni valide per continuare a chiamare la nostra chiesetta Santa Veneranda e affossare (inconsapevolmente o consapevolmente) il nome originale di Santa Venere, come abbiamo visto sopra.

Per coloro invece che la vorrebbero Venera direi (con ironica forzatura) che il nome latino Veneræ sembra mettere d’accordo entrambe le fazioni; ma se proprio qualcuno continuasse a persistere nel dubbio, può sempre chiamarla Santa Venner, così come ci hanno insegnato i nostri nonni.

Gianni Di Dio

Nella foto un affresco del XVI secolo di Santa Venere in Marcianise fotografato nel 1999 e lo stesso affresco fotografato alcuni anni dopo violentato impunemente