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Allo Spazio Corrosivo l’inaugurazione della mostra di Francesco Cocco venerdì 11 gennaio

La galleria Spazio Corrosivo è lieta di annunciare l’inaugurazione della mostra di Francesco Cocco –  Incammini, a cura di Piero Chiariello e Beatrice Salvatore.
Con il Matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee di Napoli. Opening: venerdì 11 gennaio alle ore 19:00 – (11 gennaio  –  2 febbraio  2019)
I dipinti di Francesco Cocco, ad un primo sguardo, sembrano semplici e spontanei come quelli di un bambino. La loro composizione invece  richiede lunghe riflessioni e meticolose stratificazioni di colore, fino ad ottenere superfici rarefatte ed apparentemente scarne.    Ad uno sguardo più approfondito si percepiscono  contenuti misteriosi che ci affascinano, attraggono, frutto della composizione sapiente dell’artista maturo. Ogni dipinto è come la pagina di un diario personale, racconta un episodio della vita privata, intima, ma rispecchia la vita di tutti noi.
Francesco Cocco nasce nel 1968  a Scafati (SA), dove vive e lavora.
Ha esposto in numerosi spazi tra cui:
Calcagno Art Studio – Venezia; Galleria Forme d’Arte – Venezia; Spazio Arka – Assemini (CA); Mitreo Arte Contemporanea – Roma; Sala Kursaal – Grottammare (AP); Galleria La Fortezza – Gradisca di Isonzo (GO); Fine Art – Cagliari; Sala ex Poste Museo del Castello – Carpi (MO)
Dirartecontemporanea – Caserta; FAC – Montoro (AV); Saaci Gallery – Saviano (NA), Museo Correale –  Sorrento; Pagea Art Gallery – Angri (SA); Circolo Ufficiali Marina Militare – Napoli;  Convento di S. Maria degli Angeli (AV); Teatro Summarte – Somma Vesuviana (NA).
“Altri echi
abitano nel giardino. Li seguiremo
noi? Presto, disse l’uccello, trovateli
trovateli girato l’angolo. Attraverso
il primo cancello, nel nostro primo
mondo…le foglie erano piene di bambini
nascosti con eccitazione, trattenuto il riso. Via
via, via, disse l’uccello: il genere umano
non può reggere troppa realtà. Il tempo
passato e il tempo futuro, ciò
che avrebbe potuto essere e ciò che è stato
mirano a un solo fine, che è sempre presente.”
Four Quartets, T. S. Eliot
La pittura può essere una fuga, la porta su un’altra dimensione parallela e immaginaria, l’arte tutta è in fondo un mondo parallelo, un oggetto tangibile della creatività, dei desideri, persino, dei propri demoni, un dono condiviso e condivisibile che prova a parlare con un linguaggio universale, che raccolga tutti, che ci riguardi tutti e che con la sua potenza (se c’è) ci assorba almeno per il tempo di uno sguardo al centro della terra, quel nucleo incandescente che non possiamo e non riusciamo a vedere, presi e distratti dalle faccende quotidiane, che ci salvano in qualche modo da un magma infuocato, da luce che ferisce gli occhi, ma limitano la visione per eccesso di logica e di ordine.
L’arte e particolarmente la pittura, non è dunque, semplicemente una visione anarchica della realtà, un semplice giocare con gli elementi, proponendoli casualmente, ma è la capacità di tracciarne il racconto, di avere la possibilità di attingere a piene mani nel reale e imparare a raccontare storie differenti, guidati da uno sguardo profondo, che desidera in quanto sguardo poetico, andare oltre le apparenze, che non bastano più, che non dicono più.
La pittura di Francesco Cocco è la porta o meglio, quasi il buco della serratura, o una scatola ottica, quello sguardo desiderante attraverso il quale guardare la realtà, rovesciandola, per osservarla meglio e più profondamente. È uno scavo profondo nell’apparenza delle cose; è ironica, tenera e terribile al tempo stesso, rivela cruda i veri sentimenti e le sensazioni che sembrano celarsi dietro immagini di una quotidianità dalla calma apparente, colte come ai raggi X. Attraverso un tratto fortemente espressivo, denso e carico di emotività quasi infantile, ma perfettamente calibrato, Cocco svela un universo nascosto, una sorta di “camera oscura” del mondo ─ resa però attraverso colori fortissimi e brillanti e composizioni di grande leggerezza ─ che sembrano raccontare la continua giostra dell’esistenza attraverso volti deformati, sorrisi che diventano ghigni e gli oggetti più familiari e persino banali che diventano simboli archetipi dell’inconscio.
Beatrice Salvatore: “Nei suoi dipinti c’è un continuo e invisibile (l’invisibile è in fondo l’oggetto desiderato) rimando tra opposti: sopra-sotto, dentro e fuori della realtà e del proprio mondo interno. È una pittura concettuale (e già questo può sembrare un ossimoro) che volutamente si muove sul limen, sul bordo delle cose ─ che così risuonano come simboli ─ indicandole, senza nominarle, come un bambino che per innocenza e saggezza primaria ha in sé tutto il valore e la potenza del segno, prima che il giudizio del linguaggio e la sua lama affilata ne nasconda la forza. Il gesto dunque, è un gesto liberatorio, che scava e vuol fare emergere, mettendo in filigrana oggetti apparentemente banali e illuminandoli di una luce violetta che ne mette in evidenza paradossalmente la cruda struttura e quindi il suo valore metaforico, come gli oggetti che appaiono nei sogni e non possono mai dire solo se stessi, ma raccontano qualcosa di noi, un contenuto nascosto che sottende al manifesto, a ciò che è.
Il tratto, a volte è disegnato come un contorno incisivo che emerge dalla superficie della tela e che sembra sfidare tutte le regole della forma e persino della “buona pittura” (che Francesco conosce perfettamente, anche per essere figlio di un artista che scelse la precisione delle figure ma la libertà totale del colore), proprio per la volontà di far emergere dal puro segno (e dalla forza del colore) l’espressività nascosta di un carattere, di una sensazione, di un momento che si incendia improvvisamente come in un’esplosione: così in uno dei dipinti di grande formato presenti in mostra, dal titolo fortemente evocativo che rimanda ad un piccolo racconto, Chaos in a bar si apre una scena tenera e terribile al tempo stesso, di un uomo sovrastato da un cammello (Un suo sogno?), disteso a terra, ma sorridente, un pugile messo ko con i suoi guantoni e le sue calzette a righe. Sullo sfondo, immobili due sgabelli da bancone con le ruote, utili solo a spostarsi da un punto all’altro, sembrano fluttuare o incombere…
Il disegno è infantile ma nel suo primitivismo rimanda addirittura alla pittura astratta, pur rimanendo fortemente figurativo e questo svela ancora una volta una sapienza pittorica e compositiva, che Cocco sembra voler disimparare, abbandonare come una resa a se stesso e una sfida all’abilità, che copre con una coltre spessa come nebbia “l’immediatezza” dello sguardo dell’artista che invece coglie la struttura delle cose pur affermando la sua libertà; come nel dipinto De-cadenze in cui la composizione equilibrata dei piani e dei colori gioca sul limen tra astrazione e figura e rivela una scena grottesca di un uomo stravolto trascinato da una ieratica figura in un cappotto rosso, mentre sullo sfondo un pianista sta suonando; oppure in Fire in a street, dove una misteriosa mano, buffa e divertente compare sullo sfondo di quella che sembra una strada metropolitana con il suo traffico e persino i suoi rumori e sembra lanciare all’improvviso una pallina che rompe l’apparente normalità.
Scene semplici, flash, visioni ad occhi socchiusi di un bambino sorpreso o spaventato che può solo osservare.
Ma poi, ad una visione più attenta, si scopre quanta realtà, come bisbigli soffusi, come livelli sotterranei, si muova sui fondi densi di materia dei dipinti, che di nuovo sembra opporsi al tratto leggero della superficie: spesso sono tracce di disegni o ombre, cancellate, ruote di bicicletta, figure, rimaste imprigionate come fossili, come immagini della memoria, che si leggono in trasparenza al di sotto del bianco di zinco o titanio, mischiato alle terre, agli ocra o ai rossi, e che improvvisamente aprono altre scene o possibilità, tutte raccolte nel presente della tela che riflette noi, come echi lontani che possiamo seguire o superare”.
Spazio Corrosivo, un moderno punto d’incontro per ospitare e promuovere cultura, é aperto dal 13 maggio 2007. La struttura é dotata di due ampi spazi espositivi situati in una suggestiva e spaziosa corte rurale all’interno di un palazzo d’epoca.
Via Giulio Foglia 63 – 81025 Marcianise Caserta.
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 16:00 alle 19:00
mattino su appuntamento
sabato e domenica su appuntamento
Informazioni:
mirabo@hotmail.it | messenger: @spazio.corrosivo |www.facebook.com/spazio.corrosivo/
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Alfonso Alberico - Marcianise

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