I piani urbanistici sono gli strumenti che stabiliscono la qualità della nostra vita. Se una comunità vive bene oppure male, dipende in gran parte dalle direttive di questi piani, che però alla fine si rivelano sempre scelte politiche. Le previsioni fatte con i precedenti piani regolatori per Marcianise, sono sempre state lontane dalla realtà locale e hanno sempre agevolato complessi industriali (a danno di una florida agricoltura), molti dei quali risultano ancora oggi dannosi per la nostra comunità. I numerosissimi edifici speculativi costruiti sulla base delle previsioni di questi piani, in buona parte sono stati occupati da famiglie che venivano da fuori Marcianise, dato anche il sovraffollamento di insediamenti vari sul nostro territorio, e molti appartamenti oggi sono ancora vuoti.
Il 31 luglio scorso (in concomitanza con le ferie, come di solito si fa quando non si vogliono intromissioni), è stato depositato il preliminare del nuovo Piano Urbanistico Comunale di Marcianise che a una prima lettura appare anch’esso un’agevolazione ai poteri industriali e in qualche modo anche a coloro che hanno costruito abusivamente; e come sempre è accaduto in precedenza, risulta un mancato rispetto delle proposte di numerose associazioni che rappresentano la volontà popolare. Nel frattempo gli elaborati con i dati più importanti, quello dei “preliminari” e la “relazione” descrittiva, non sono pubblicati sul sito del comune.
“Gli obiettivi e le strategie” racchiusi nel nuovo Piano Urbanistico Comunale, non sono per niente “il frutto di una prima fase di consultazione con la cittadinanza attivate attraverso le audizioni pubbliche”. Molte indicazioni, suggerite durante le audizioni, non sono state prese in considerazione: basta vedere l’attuale zona libera di fronte a Castel Loriano (attualmente zona F), per la quale si chiedeva una grande villa comunale attrezzata (da anni attesa dai cittadini), mentre il nuovo piano vi prevede cemento “privato” a volontà e si intravede una parvenza di lottizzazione con strade inserite senza un chiaro criterio.
Quella “graduale perdita di qualità ambientale”, di cui si lamentano gli estensori del piano, sarà rafforzata con la riconferma di nuova cementificazione su terre che di fatto sono campagne (ad esempio tutta la zona sud-ovest a ridosso dei regi lagni, oggi zona PIP, e gli spazi liberi tra le costruzioni abusive), e con le forti agevolazioni a un zona industriale, produttiva e commerciale, già sovradimensionate per il nostro territorio.
Il nuovo Puc, conteso da più parti ancor prima di conoscerne il contenuto e gli effetti, contribuirà ulteriormente alla morte del nostro centro antico, dei terreni di proprietà comunale e del verde ancora presente tra ammassi di cemento prodotti da abusi edilizi, sempre tollerati da amministrazioni, che scaricano la colpa sui tanti condoni e non alla mancanza quasi totale di controlli che li ha agevolati e protetti. Abusi che con questi “preliminari di piano”, più che essere penalizzati, potrebbero essere ulteriormente avvantaggiati: d’altronde siamo abituati a leggi che favoriscono gli imbroglioni a scapito degli onesti (vedi appunto i numerosi condoni governativi).
Assisteremo a un trionfo del massacro di quegli ultimi spazi liberi presenti in città e a una cementificazione esagerata rispetto al reale fabbisogno cittadino, che favorirà sempre i soliti pochi, costringendo i proprietari di edifici del centro storico (attraverso armi a doppio taglio come l’esperimento della “migrazione volumetrica” e della “perequazione”, sui cui risultati ci sarebbe tanto da discutere in modo particolare per i nuclei più antichi) a lasciare tutto in pasto ai nuovi speculatori già favoriti da leggi criminali per la nostra storia, come quella che va sotto il nome di Piano Casa, la quale sta divorando e distorcendo quel poco che rimane a testimonianza della nostra memoria: gravi le dichiarazioni, riportate nella relazione preliminare, che definiscono l’attuale zona “A” (il nucleo più antico della città), priva di quelle caratteristiche “che rivestono carattere storico”; al contrario, tutto il nucleo antico conserva ancora “i segni delle regole che hanno presieduto alla vicenda storica della loro formazione”, che anche il piano territoriale di coordinamento provinciale evidenzia come caratteristiche da tutelare.
L’aumento delle altezze delle nuove costruzioni previsto dal nuovo Puc e la migrazione delle volumetrie del centro storico, completeranno quell’opera di ripugnante ibridismo che vorrebbe delegittimare, anno dopo anno, l’originalità del nostro abitato.
Un piano che nascerebbe da calcoli basati su termini come espansione, gravitazione, previsione, aggregazione, raddoppi di linee, by-pass, potenziamenti, sistemi e assetti infrastrutturali, indirizzi strategici, promozione economica del territorio, sempre presenti nelle premesse dei piani urbanistici, e che molto spesso hanno prodotto interventi che hanno risposto solo ad una trascurabile parte dei risultati previsti, lasciando vuoti incolmabili e strutture abbandonate sparse sul territorio e causando uno sgradevole, dannoso e profondo degrado. Calcoli che mai hanno basato le loro scelte principalmente sul “benessere” dei cittadini e sulla valorizzazione delle campagne: soprattutto tramite la riqualificazione di quelle vincolate dai vecchi piani, cosa che appunto chiedono le associazioni locali.
Quell’accelerazione della trasformazione dei sistemi territoriali a cui abbiamo assistito a partire dagli anni ’60, non è stato qualcosa di naturale, ma un effetto dovuto ai finanziamenti agevolati; infatti, una volta esaurito tale effetto, le zone industriali sono divenute gradualmente cimiteri di fabbriche abbandonate e ammassi di campagne disprezzate. La confusione è andata man mano peggiorando anche con i Piani Regolatori delle Aree di Sviluppo Industriale (ASI): basti vedere lo stato in cui versano queste “aree”, l’inquinamento e il pericolo prodotto da diverse fabbriche, alcune delle quali sono state intimate alla chiusura e molte altre avrebbero bisogno dello stesso trattamento.
Gli estensori del nuovo Puc hanno basato le loro scelte su “rilevanti iniziative di investimento” come: il “Polo della qualità” (fallito poco dopo l’inaugurazione); la “sede del corso universitario di Disegno industriale” (chiusa da anni); strade e linee ferroviarie (molte delle quali mai completate per non dire abbandonate); l’interporto (che dopo decenni di finanziamenti pubblici non riesce a decollare come dai programmi iniziali); l’aeroporto di Grazzanise (ormai naufragato e scomparso dai “progetti strategici”); la stazione di Afragola (per ora solo una cattedrale nel deserto); e accolgono il Centro Orafo Polifunzionale “OroMare” (fallito dopo pochissimo tempo dall’inaugurazione), come “esito positivo”. Il cosiddetto “ring verde” viene considerato come “area rilevante di verde ad uso pubblico”, mentre questo progetto, che nasceva come semplice piantumazione di alberi a foglie caduche, per “misteriosi” motivi fu anche dichiarato non accessibile al pubblico, per un periodo imprecisato, dopo la sua “eventuale” realizzazione.
Così come anche il cosiddetto velodromo, un ammasso di cemento da radere al suolo, non può essere preso in seria considerazione poiché inagibile per la funzione per cui nasce e per la quale è stato più volte sottoposto a costosi e inutili tentativi di ristrutturazione.
Quindi i “grandi attrattori” su cui si basa il nuovo Piano Urbanistico di Marcianise, sono in parte inesistenti e in parte molto lontano dal divenire forti poli attrattivi.
Altri piani urbanistici per Marcianise si sono basati su “futuri attrattori”, poi mai arrivati, o su quella ricercata voglia di “crescita”, mai pervenuta come auspicavano le previsioni programmatiche: si pensi a tutta la zona PIP, dove dopo aver vincolato un’enorme quantità di campagne tra le più ubertose scippate agli agricoltori, sono semplicemente nati nuovi fallimenti dovuti ad errate congetture. Nonostante ciò, il nuovo Puc andrebbe a favorire questo “fallito” progetto e danneggerebbe anche la fascia da tutelare lungo le sponde dei regi lagni, così come obbligato e richiesto da diverse parti.
Quella più volte ripetuta “crescita”, che molto spesso si invoca in ogni luogo, quasi a giustificare inquinamento e disordine, ha un limite che nelle nostre terre è stato abbondantemente superato. Marcianise ha già dato tanto, tra territorio e vite umane, ed oggi rivuole quelle terre prestate e di cui se ne è fatto un pessimo uso; un sacrificio che non ha risposto con un’adeguata ricompensa per coloro che invece hanno perso in qualità di vita e di lavoro.
Questo nuovo piano contribuirà a trasformare Marcianise in un immenso centro commerciale, produttivo e industriale, sottoponendo la popolazione (già al limite della sopravvivenza), ad ulteriori pressioni che un addensamento del genere può causare.
Si ribadiscono di seguito alcune delle richieste di numerose associazioni: 1) la zona libera davanti al Castel Loriano deve rimanere interamente sotto il vincolo di Zona F e avviarsi a divenire quella tanto attesa villa comunale attrezzata, previo concorso pubblico; 2) tutte quelle terre che ancora oggi sono di fatto campagne (soprattutto quelle sottoposte al vincolo di Zona PIP), devono ritornare sotto il vincolo di Zona E (zona agricola), e diverse nuove industrie dovranno stare al servizio dell’agricoltura, la quale dovrà essere incentivata e non penalizzata come finora si è fatto;
Se per errate scelte e mancati appoggi all’agricoltura, il territorio di Marcianise “ha subito un’espansione edilizia, un’industrializzazione e un grado di infrastrutturazione tali assorbire in circa settant’anni i due terzi del territorio”, l’agricoltura non va assolutamente considerata con “un ruolo ormai del tutto residuale nella complessiva economia di Marcianise”, così come si legge nella relazione preliminare del nuovo Puc, ma come bene prezioso ed esauribile, in linea con gli studi economici mondiali (il prodotto agricolo vale più del petrolio), e soprattutto come primaria fonte di benessere per la cittadinanza (la campagna, oltre al polmone, è anche il giardino della città). È proprio questo “disprezzo” per l’agricoltura che ha portato e porta a quella “diffusa aspettativa edificatoria“ da parte dei proprietari di terreni agricoli.
Il preliminare del nuovo piano, basandosi su direttive sovracomunali, si configura come una forzatura quasi obbligata a calare nel territorio molte strutture di cui Marcianise non ne ha bisogno, vista anche la mancata realizzazione di programmi simili già previsti dai piani precedenti. I preliminari del nuovo piano urbanistico vanno rivisti in più punti o qualcuno si porterà sulla coscienza la distruzione di quello che rimane di salutare e di storico sulle nostre terre.
Gianni Di Dio