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“Francarlo non c’è più”: autismo e scuola: parliamome | di Pasquale Giuiano

Francarlo non c’è più
Adesso gira attorno per la casa. I cassetti della cucina, il divano, la cameretta, poi di nuovo il tavolo, le sedie, il frigo. Ma perché non lo incrocia mai? Dov’è quel bimbo che la mamma e papà chiamavano Francarlo. Perché non c’è più a tavola con noi e nella sua cameretta?  Eravamo giù nel cortile, il colpo sulla fronte e stavo giù per terra con il rosso che mi scendeva lungo il viso. Eravamo saliti in macchina, poi quelle persone attorno a me. Ogni tanto mi  faceva male sulla fronte e provavo a liberarmi ma niente.  Siamo a casa. Francarlo è seduto sul divano.                                Siamo a letto. Mamma e papà sono svegli, anche Francarlo. Escono piangendo. Adesso Francarlo non c’è, c’è tanta gente e mamma e papà ogni tanto piangono. Sento parlare. Cosa si diranno mai? Cosa vorranno dire le loro parole? Perché quei visi? Perché nessuno ride?  Non capisco cosa dice mamma: “Eravamo tornati dall’ospedale, Nicola era caduto in cortile. Ormai la sua postura lo tiene male in piedi. Si era lacerato la fronte, gli avevano dovuto mettere dei punti, si lamentava per il dolore.  Francarlo era a casa con le zie. Durante la notte stava male, respirava poco e il cuore batteva all’impazzata. Al Santobono lo avevano portato subito in terapia intensiva. Nei giorni seguenti  avevano provato di tutto; lo avevano intubato, alimentato, sedato, ma  niente. La dottoressa era uscita piangendo, impotente: ancora una volta aveva perso una battaglia. Sapevamo che sarebbe potuto accadere prima o poi, ma quando poi ti capita, non sei mai vera-mente pronto”. “In chiesa tutti quei bambini – gli amichetti con i quali era stato in questi anni –  gli insegnanti, gli amici attorno. Capisci che sono tutti addolorati. Ma il tuo sguardo torna su quella bara bianca. Difficile accettare che tutto il suo mondo sia racchiuso in quei pochi legni”. “Non lo so se Nicola ha capito. Sente un vuoto, sicuramente si chiede perché. Forse si aspetta che spunti all’improvviso da dietro una porta. Che gli dici, Francarlo non c’è più è morto; ma lui capisce che significa è morto?”

Nicola – un alunno – e la sua mamma

Pasquale Giuliano

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Alfonso Alberico - Marcianise

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