Il Parlament della Generalitat de Catalunya ha proclamato unilateralmente l’indipendenza della Catalogna, in seguito al precedente referendum e ad una mancata – pacifica – trattativa con il governo centrale. Agli inizi di ottobre il 55% degli aventi diritto ha aderito al referendum sull’indipendenza. Di questi il 90% si è espresso favorevolmente.
La risposta di Madrid non si è fatta attendere: dichiarato lo scioglimento del Parlament, contestualmente alla destituzione del presidente catalano Carles Puigdemont. Inoltre sono state fissate per il prossimo 21 dicembre nuove elezioni.
La situazione andrà ad incidere sui cittadini di altri paesi, attualmente residenti in Catalogna? A risponderci ed esporci il suo punto di vista è Salvatore Marino, docente di Storia e Paleografia all’Universitat de Barcelona, di Marcianise: “Non cambia nulla perché la dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte del governo catalano non ha alcun effetto giuridico reale. Diciamo le cose come stanno: è tutta una farsa! Lo dimostra anche il fatto che nessuno Stato europeo ha riconosciuto o è disposto a riconoscere la Repubblica Catalana”.
Marino condivide con Procope la sua esperienza personale in Spagna:
“Vivo a Barcellona da quasi dieci anni, più o meno stabilmente; qui ho instaurato nuove amicizie e affetti, ho una casa e un lavoro che amo. E’ una delle città più internazionali d’Europa, multietnica, aperta, solidale; ha un clima mediterraneo, un’ottima cucina, servizi pubblici che funzionano, ma soprattutto c’è una coscienza civica invidiabile, un grande rispetto per l’ambiente e, in generale, per i beni comuni. Certo, non è che qui manchino i problemi legati a una grande metropoli, ma come dico spesso, Barcellona è Napoli che funziona. Cosa vuoi di più dalla vita? Ecco, magari che questa farsa indipendentista finisca al più presto e si torni a parlare dei problemi reali della città e del Paese. Un termine catalano che mi piace tanto è “el seny”, cioè la ragione. Spero che i catalani secessionisti recuperino “el seny” e diano il loro contributo politico per mandare a casa il vergognoso governo Rajoy e ricostruire una Spagna ancor più federale e plurale.”
Sulla tematica la visione di Marino è chiara e netta: “L’irresponsabilità dell’attuale governo della Generalitat ha generato una frattura profonda nella società catalana, che si poteva e si doveva evitare; una frattura del tutto trasversale, che ha diviso indistintamente tutte le classi sociali: disoccupati, precari, classe operaia, ceto medio e alta borghesia. Ormai da due anni non si parla più dei problemi reali della Catalogna (come la disoccupazione e i tagli al Welfare), facendo credere che il rimedio a tutti i mali sia la secessione dalla Spagna. Ovviamente, si tratta di un grande inganno, che tuttavia, specie negli ultimi mesi, ha fomentato odio, rancore, livore – ripeto, trasversale in tutta la società catalana – tra secessionisti e unionisti. Ma c’è di peggio: le aspirazioni degli indipendentisti, che oggi si sono concretizzate nella dichiarazione unilaterale d’indipendenza, presto, quando questa sbornia demagogica sarà finita, si trasformeranno in frustrazione collettiva. E gli effetti saranno devastanti, per tutti.”
Intanto a Barcellona si susseguono ore di tensione: la Procura Generale dello Stato sarebbe pronta a denunciare i membri del governo catalano, i quali rischierebbero fino a 30 anni di reclusione con l’accusa di ‘reato di ribellione’.
In tutto il territorio non cessano scioperi, manifestazioni e assemblee: protagonisti ancora una volta i cittadini, in ore cruciali in cui si scrive la storia.
Tina Raucci