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Docenti di Marcianise che lavorano al Nord: viaggio tra precarietà e disagi

Ha ormai preso il via l’anno scolastico per studenti e docenti. Fondamentale risulta garantire la presenza e la continuità degli insegnanti nelle aule, al fine di una didattica efficace e realmente formativa. Ma sono ancora molte le insidie che riguardano il mondo della pubblica istruzione, a partire dall’effettivo divario tra la scuola del Nord e quella del Sud. Ancora tanti gli insegnanti del Meridione, che non solo versano in stato di precarietà, ma che sempre più frequentemente sono costretti a presentare domanda nelle scuole del Settentrione, se davvero vogliono avere opportunità di lavoro, tenendosi pronti per improvvise chiamate da parte delle segreterie, a chilometri e chilometri da casa.

Tra i docenti di Marcianise non esenti da questo scenario Anna F., insegnante alle scuole medie e superiori, che riporta la sua esperienza personale: “Nel 2015 mi sono laureata in Filologia Moderna, con l’aspirazione di insegnare. Ho sempre saputo che quella dei docenti italiani è una gavetta lunga e tortuosa, ma l’insegnamento rappresenta per me una vocazione, così sono andata dritta per la mia strada. Al termine degli studi mi sono trovata in una situazione di stallo, in quanto l’aggiornamento delle graduatorie è avvenuto solo quest’anno e ad oggi il Ministero non ha ancora bandito un percorso che, seppur selettivo, dia ai neolaureati almeno una possibilità di abilitarsi all’insegnamento. Non mi sono data per vinta e ho preso ad inviare il curriculum alle scuole di varie province, nella speranza che qualcuna di esse esaurisse le graduatorie. La possibilità è arrivata da Milano, così nel giro di qualche ora ho fatto le valigie e sono partita. Ho iniziato a lavorare lì il 10 ottobre 2016 e ci sono restata fino alla fine dell’anno scolastico. Dalla piccola realtà di Marcianise mi sono ritrovata in quella che probabilmente è l’unica città veramente europea d’Italia. È stata una bella esperienza che consiglio a tanti! Mi ritengo fortunata perché Milano è un luogo di possibilità, un frullatore, un laboratorio che trova il suo equilibrio nello scambio dare-ricevere; ho inoltre avuto la possibilità di vivere quest’esperienza serenamente grazie alla compagnia di amici importanti che si trovavano nella mia stessa condizione. Eppure è giusto parlare di fortuna? I giovani dovrebbero partire per la voglia di esplorare e sperimentare, non per necessità: dovrebbe essere una scelta, non l’unica condizione per lavorare; dovrebbero avere la possibilità di fare ritorno in quella che resterà sempre l’unica vera casa, non crescere con la rassegnazione che prima o poi saranno costretti a lasciare gli affetti di una vita! Le condizioni attuali saranno pur avverse, ma non si dovrebbe mai smettere di difendere il giusto e il giusto vuole che il lavoro sia un diritto, non una fortuna! E invece sono già consapevole del fatto che molto difficilmente avrò la possibilità di tornare definitivamente a casa.
Per non parlare di chi tanto giovane non lo è più: ho lavorato braccia a braccia con insegnanti di ruolo che, pur avendo sulle spalle la responsabilità di una famiglia, sono stati costretti in maniera quasi coatta a trasferirsi a centinaia di km di distanza. Spesso sono queste le persone che tendono ad assentarsi di più, creando disagi alle scuole del nord, ma si può veramente puntare il dito? D’altro canto perché dovrebbero pagarne le spese i restanti lavoratori e soprattutto gli alunni? Non è facile dare risposte, ma questo non deve fermarci a insistere con le domande.”

Analoga esperienza quella di Alessandro D.B., insegnante marcianisano presso le scuole medie: “La mia avventura ha avuto inizio nella metà di ottobre del 2014. Mi ero inserito in graduatoria di terza fascia nel luglio dello stesso anno, accedendo con la classe di concorso in Arte e Immagine (ex A028).
Il consiglio propiziatorio sulla scelta della provinci mi fu dato da un sindacalista che mi aiutò nella compilazione del modulo di domanda e fu così che, dopo svariate convocazioni non andate a buon fine, il 17 ottobre 2014 mi arrivò la tanto attesa mail nella quale mi proposero un incarico sul sostegno per il quale ero io destinatario della supplenza con incarico annuale. Con tanta gioia e altrettanto timore di ciò che mi aspettasse, domenica 19 ottobre 2014, mi misi in auto e partii verso la città di Vobarno in provincia di Brescia. Arrivato a destinazione in tarda serata, la cosa che mi colpì all’istante fu la differenza climatica e la vista di un paesino circondato da tante montagne che mettevano tanta tristezza e nostalgia di casa.
Il giorno seguente, andai a scuola per la presa di servizio e mi fu affidato un caso di sostegno molto grave. Non nego che furono giorni terribili durante i quali fui tentato a rifiutare l’incarico annuale per fare ritorno a Marcianise, ma parlando con la mia ragazza e mia cugina mi convinsero a rimanere lì, mi consigliarono saggiamente di concedermi del tempo per abituarmi al posto ed imparare pian piano il nuovo lavoro.
Negli anni successivi nonostante risultò tutto più semplice, le difficoltà le ebbi per gli affitti di appartamenti, dato che iniziarono ad offrire contratti ‘fino alla nomina dell’avente diritto’ non fu semplice trovare alloggi nell’immediato, senza contratto e senza alcuna garanzia di restare almeno per l’intero anno scolastico. Oltretutto mi capitò che durante il corso dell’anno, arrivò l’avente diritto e dovetti cambiare città, scuola e ovviamente la casa.”

Ad andare a fondo della spinosa questione è la sindacalista Gaetana Ricciardi, Segretaria Generale della Flc Cgil Caserta, che ha sostenuto: “Il mondo della scuola presenta forti differenze tra Nord e Sud Italia; la motivazione, ovviamente, è atavica e se, ad oggi, la prospettiva occupazionale per i docenti al Sud è questione deprimente, al Nord risulta ancora aperta. Esso offre anche altre possibilità lavorative mentre al Sud la scuola è ancora un ammortizzatore sociale. Succede così che le graduatorie del Nord non sono ancora sature mentre quelle al sud presentano numeri improponibili. Chi vuole avere possibilità lavorative è costretto a spostarsi con la consapevolezza che rientrare in sede è quanto meno improbabile. I numeri parlano chiaro: la maggior parte dei docenti al Nord è campana, pugliese, ecc… e se fino a qualche anno fa potevamo dire ai nostri iscritti che per lavorare nella scuola dovevano valutare un trasferimento da Roma in su, oggi diciamo da Firenze in su e a breve da Bologna a salire. Come riequilibrare la situazione? Sicuramente un incremento del tempo pieno anche al Sud, considerate soprattutto le basse percentuali che si rilevano, potrebbe essere una soluzione, così come la trasformazione totale dell’ organico di fatto in organico di diritto. Ciò richiede ulteriori risorse: in una società civile il progresso è proporzionale agli investimenti che si fanno nell’istruzione.”

Tina Raucci

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Alfonso Alberico - Marcianise

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