Il complesso di lesa maestà si sviluppa quando un individuo che si ritiene re non è ritenuto da un altro come tale. Tutto ha origine da una credenza patogena e nei casi gravi tale convinzione partorisce delirii di onnipotenza: io sono il centro del mondo, il polo di riferimento di ogni cosa, il sole copernicano attorno a cui ruota tutto. Le relazioni che questi individui costruiscono sulla base di colonne fatte di nuvole e fumo sono altamente disfunzionali e dannose per l’altro, perché tutto deve tornare utile al proprio essere. Parliamo di presunzione e bassa autostima, che assume la forma dell’egoismo; una deformazione della realtà e del proprio modo di essere che diventa patologica.
La propria persona diventa ciò con cui paragonare tutto, cercare il confronto, personalizzare l’esperienza altrui, al fine di comunque uscirne in una condizione di superiorità o di pariteticità, in rapporto all’equilibrio interno posseduto, alle caratteristiche della personalità. Quando qualcosa o qualcuno si permette di rompere tale equilibrio di onnipotenza, di avanzare considerazioni critiche o giudizi divergenti rispetto a tale “perfezione” del proprio essere, costui si rende colpevole del delitto di lesa maestà, con l’assunzione di una serie di atteggiamenti di risposta, da parte del soggetto “offeso”, che vanno dalla rabbia al rancore, dall’allontanamento alla fine dell’amicizia, per giungere all’odio, alla vendetta ed alla distruzione dell’altro. Spesso non c’è neanche bisogno di un giudizio divergente: basta tenere testa al delirante, fare attività, conseguire risultati che in qualche modo creino una situazione di palese diversità, se non di “superiorità” intellettiva, culturale, fisica, economica, rispetto al soggetto con cui ci si relaziona. Quando ciò si verifica, il soggetto affetto dal “complesso di lesa maestà”, pur di preservare la propria autostima, crea alterazioni dei fatti, dando origine a sintomi deliranti.
La considerazione evangelica “ama il prossimo tuo come te stesso”, comandamento espresso anche da pensatori prima di Cristo, deforma l’amore verso se stessi e sfocia in una posizione di privilegio. Una deformata interpretazione dell’Ubermensch di Nietzsche, dove “uber”, che significa “oltre”, è stato tradotto infelicemente in “super”, ha creato generazioni di superuomini che siedono sul trono del proprio Io. Il vero stupido è quello che ritiene che tutti sono stupidi, tranne che se stesso.
Per queste ragioni io vi invito ad andare “oltre” la prepotenza e l’ignoranza di questi soggetti pericolosi; vi invito a riconquistare il valore perso dell’altro, della socializzazione, della solidarietà, del confronto critico inteso come “costruzione” e non “demolizione”, altrimenti continueremo a dividerci in stupidi e furbi, in pastori e pecore, in monarchi e sudditi e a sentire la propria “Maesta👸” lesa e offesa da tutto ciò che non è omogeneo al proprio modo di essere.
Massimiliano Delle Curti (Psicologo, Psicoterapeuta, Esperto in Scienze Criminologiche Forensi) – mail: psiche.dellecurti@gmail.com