Per l’omicidio di Nazzareno Mancino e il tentato omicidio di Saverio Mancino è stata messa ieri la sentenza del gup Paola Russo presso il tribunale di Napoli, pubblico ministero Landolfi. Tre assoluzioni per i fatti avvenuti il 7 aprile 1999 nell’ambito della guerra tra i Belforte e Piccolo che all’epoca si contendevano la leadership sul territorio. Ieri mattina il gup di Napoli (ufficio 25) ha assolto Giuseppe Sparaco, 48 anni di Capodrise, difeso dagli avvocati Angelo Raucci e Francesco Liguori, Camillo Bellopede, 37 anni di Marcianise e Antonio Raucci, 37 anni di Capodrise, difesi dall’avvocato Luca Viggiano. Sparaco e Raucci Antonio erano accusati di aver “recuperato” gli esecutori materiali del delitto. Bellopede di essere stato l’avvistatore della vittima. Condannati a vario titolo, per l’uno o l’altro capo di imputazione o per entrambi, Domenico Raucci a 24 anni, Bruno Buttone a 14 anni, Luigi Trombetta a 20 anni, Antonio Gerardi a 6 anni, Francesco Zarrillo a 12 anni, Filippo Petruolo e Pasquale Di Vilio a 12 anni. Nel collegio difensivo gli avvocati Enzo Domenico Spina, Renato Jappelli, Franco Liguori e Carmine Nacca. Buttone e Trombetta erano ritenuti i mandanti dell’omicidio. Lo stesso Buttone e Raucci Domenico erano accusati di essere gli esecutori materiali.
Nel febbraio del 2016 furono emesse le ordinanze di arresto nei confronti di sei persone accusate dell’uccisione di Nazzareno Mancino. Le misure furono eseguite nella notte dalla squadra mobile di Caserta, diretta da Alessandro Tocco. Cinque dei sei destinatari dell’ordinanza erano detenuti, mentre il sesto di era rifatto una vita e lavorava ad Arezzo. Gli indagati facevano parte del gruppo di fuoco che sparò a morte a Mancino e che, un anno dopo, cercò di ammazzare anche suo fratello. L’episodio fu ricostruito grazie ai collaboratori di giustizia. Mancino era affiliato ai Piccolo e rimase vittima del contrasto armato che vide il clan contrapporsi per anni a quello dei Belforte. Il commando entrò in azione in un bar, nel primo pomeriggio del 7 aprile: sulla vittima fu esplosa una sventagliata di colpi da un kalashnikov, morì poco dopo l’arrivo in ospedale. Diversa la sorte del fratello di Mancino che, un anno dopo, si ritrovò vittima di un agguato, ma sopravvisse.