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Salvatore Delli Paoli: “Perché dire sì alla nuova porta del Duomo di Marcianise”

Pubblichiamo la lettera aperta scritta da Salvatore Delli Paoli nell’aprile del 1998: “Una Soprintendenza ballerina che prima concede, poi nega il parere favorevole; una polemica astiosa ai limiti del dileggio; una sottoscrizione popolare; un ricorso al Ministro dei Beni Culturali: in questi elementi è racchiusa la tormentata vicenda della sostituzione della porta principale del Duomo di Marcianise (nella foto). Attualmente non è possibile ipotizzare se l’idea della nuova porta riuscirà a diventare un fatto concreto. Il parere negativo (che in un primo tempo era stato positivo) della Soprintendenza di Caserta, a meno di un auspicabile ripensamento, sembrerebbe avere chiuso la questione. Le porte di bronzo di Raffaele D’Anna potrebbero quindi ritornare al legittimo proprietario, tranne che lo scultore marcianisano non voglia accogliere il suggerimento venuto proprio dalla Soprintendenza di una diversa destinazione all’interno del Duomo stesso, cosa di cui, conoscendo D’Anna, dubito fortemente. Gli oppositori al progetto possono andare ben fieri del loro successo: sono riusciti a salvare un manufatto, a loro dire seicentesco, di buon artigianato locale; hanno evitato che le orde dei nuovi vandali operassero una manomissione irreversibile; hanno assicurato alla memoria delle generazioni future un monumento intatto. Dunque le ragioni della cultura hanno avuto per una volta il sopravvento; la Marcianise pensosa del destino dei suoi beni culturali è riuscita ad evitare un ulteriore oltraggio; i Barberini di oggi sono stati sconfitti; un comitato malaccorto e miope ha ricevuto la lezione che doveva. Di quel comitato facevo e faccio parte pur io: dunque pur io devo essere contento e riconoscere che è meglio mantenere la porta attuale al posto in cui si trova e rinunciare alla bislacca idea di sostituirla con l’opera di uno scultore moderno che l’intera provincia ci invidia; devo riconoscere che la conservazione di un monumento deve passare attraverso la museificazione totale di ogni sua pietra. Devo riconoscere che sarebbe stato meglio che le porte di San. Pietro, il tempio maggiore della cristianità, fossero rimaste quelle originali e non sostituite da quel capolavoro che sono le attuali porte di Giacomo Manzù; devo riconoscere che sarebbe stato meglio che le porte del Duomo di Orvieto fossero rimaste quelle originali e non quelle che oggi tutti ammirano dovute alla mano di Emilio Greco, come devo riconoscere che è meglio che le porte di D’Anna stiano nell’androne del suo palazzo in via Marco Maffei e non all’ingresso del nostro tempio maggiore. Ma che paragone: D’Anna vale forse Manzù o Greco? La sostituzione delle porte di S. Pietro e di quelle di Orvieto è avvenuta con capolavori di grandi maestri della scultura contemporanea; D’Anna non può essere certo paragonato né a Manzù né a Greco. Come un artista locale può osare di solo pensare di porsi su quella linea, di ricevere un omaggio, che, fatte le debite proporzioni, si è potuto concedere a Manzù e a Greco? Nessuno deve pensare di toccare un monumento, meno che mai di farlo vivere nel tempo attraverso la testimonianza di artisti locali che sono espressione di vitalità di quel monumento stesso: questa la filosofia dei moderni conservatori. Perciò mi attendo che il controcomitato costituito estemporaneamente e composto dai veri intenditori d’arte che ci sono a Marcianise, dai veri uomini di cultura, proponga fra qualche giorno che si tolgano dal Duomo i quadri settecenteschi di Paolo De Maio, un marcianisano di altri tempi che con questi esperti, se fossero vissuti nel Settecento, non avrebbe mai avuto la possibilità di porre i suoi quadri nel Duomo. Quando quei quadri sono stati realizzati, probabilmente andavano a contrastare con un insieme del tempio che era seicentesco. Dunque costituivano una manomissione del preesistente. Bene sarebbe dunque se li togliessimo tutti per riportare la chiesa al suo presunto stato iniziale. E certo allora come oggi vi saranno stati sicuramente altri artisti a Marcianise nel Settecento, che la storia per fortuna non ricorda; e perché non supporre che questi abbiano nutrito la stessa invidia di qualche artista dei giorni nostri? I canonici costituenti il capitolo della Collegiata, però, non li hanno ascoltati e per fortuna all’epoca non esisteva alcuna Soprintendenza pronta a dare credito e dignità alla voce di una piazza sobillata ad arte. E per nostra fortuna gli amministratori della Congrega di Carità che, sempre nel Settecento, chiamarono a lavorare nell’Annunziata di Marcianise Domenico Mondo, questi addirittura di Capodrise, non ascoltarono le voci maligne di qualche marcianisano dell’epoca invocante allo scandalo perché un capodrisano veniva ad inserire quadri del Settecento e quindi moderni, vicino a quelli cinquecenteschi come il D’Errico della cappella di S. Giovanni, o seicenteschi come lo Stanzione del presbiterio. Per fortuna della storia e della cultura nessuna Soprintendenza ha concesso allora il suo parere, che alla luce dei comportamenti d’oggi, sarebbe state sicuramente negativo. Ma il parere, prima positivo, ripeto poi negativo, la Soprintendenza lo dà adesso: ma quale credibilità può avere questa istituzione che ha consentito, udite udite, la manomissione irreversibile degli affreschi di Nicolò Malinconico nel presbiterio dell’Annunziata, senza alzare un dito; che ha consentito e consente, nonostante una mia denuncia nella mia qualità di allora presidente dell’Archeoclub di Marcianise, la rovina della chiesetta di Trentola; che ha consentito e consente la scomparsa di monumentali palazzi storici di Marcianise; che ha saputo solo frapporre ostacoli al recupero della chiesetta della Madonna delle Grazie? Ora la Soprintendenza si sveglia e, dopo aver approvato, dice che le porte non si possono sostituire: e perché? Si è forse riconosciuto un valore artistico alle porte attuali? Si riconosciuto che esse sono inamovibili perché magari appartenenti al progetto iniziale della chiesa? Si è riconosciuto che esse costituiscono parte inalienabile dell’intera linearità della facciata? Niente affatto e niente di tutto questo: quelle porte, dice la Soprintendenza, non si possono sostituire perché suppone che ci sia una data sulle traverse di ferro della porta principale della chiesa, mentre essa è incisa solo su quella parallela alla principale, precisamente quella dell’accesso di destra alla chiesa (nella foto); una data della fine del Seicento, quindi non coeva alla facciata ma sicuramente successiva. La Soprintendenza ignora evidentemente questo particolare decisivo: il che dà conto dei mai avvenuti sopralluoghi di tecnici ed esperti della Soprintendenza a Marcianise, pure richiamati nella lettera che nega il parere favorevole prima concesso. Dunque dott. Ricciardi, si dovrebbe conservare la porta attuale perché sulla porta a fianco della principale che si vorrebbe sostituire, c’è incisa malamente la data del 1696?
Da quella data bisognerebbe arguire che anche la principale sia della stessa epoca, evidentemente ella o chi per lei così pensa.
Il che non è per evidentissime diversità nella fattura delle traversine di ferro, decorate nel primo caso, del tutto lisce e senza pregi quella della porta maggiore. Perciò, illustre dott. Ricciardi, se c’è una prova, questa è relativa alla sola porta dell’ingresso laterale destro della chiesa, che nessuno ha mai, dico mai proposto di sostituire. Sulla porta principale non solo non c’è alcuna data, ma nemmeno è credibile, per la diversa fattura delle stesse traversine che sia contemporanea alla datata porta laterale. Ma anche ammesso, e non è così, che la data della porta laterale si possa riferire anche alle traversine in ferro della porta principale, che cosa significherebbe ciò? Ben poco. Sarebbe una porta che già manometteva, se dobbiamo ragionare con la filosofia dei moderni conservatori dell’arte marcianisana, lo stato precedente. La data è del 1696 e non è sicuramente contemporanea, lo riconosce la stessa Soprintendenza, all’intera porta, che è stata più volte rifasciata, l’ultima volta addirittura nel 1934, quando furono apposti i modesti pannelli lignei che imitano il bugnato a diamante, come dimostra chiaramente una foto inoppugnabile dei primi anni del ‘900, che evidentemente la Soprintendenza, e non è una meraviglia, ignora. Dunque la data, anche volendo trasferirla a indicazione cronologica della porta maggiore, non indica nulla più di quanto indica, che cioè le traversine di ferro sulle quali è incisa sono del 1696, nient’altro. Ma hanno queste un particolare pregio artistico? Costituiscono un’opera significativa? Niente affatto: sono cardini di un buon fabbro ferraio dell’epoca che è venuto ad applicare alla chiesa una nuova porta laterale che ha sostituito quella originale. Dunque l’attuale porta, anche ammesso e non concesso che sia del 1696, non è affatto la prima che abbia adornato per così dire il tempio, ma è una porta sicuramente successiva, notevolmente successiva anche alla sovrastante tribuna che è del 1623. Queste cose sono note o dovrebbero esserlo: certamente sono note al comitato, certamente sono note a me che lo ho studiate ed ampiamente documentate nel mio volume dedicato al Duomo di Marcianise che costituisce l’unica fonte originaria intorno alla chiesa . Dunque si impedisce la sostituzione della porta perché la si ritiene antica, anche se poi, così è scritto nella comunicazione stavolta negativa della Soprintendenza, si riconosce che questa antichità va riferita alle sole traversine in ferro, ripeto peraltro non datate, e non all’intera struttura.
Perciò dei cardini e delle traversine in ferro di una porta laterale che non si intende sostituire, stanno impedendo che la porta di D’Anna vada collocata al posto dell’attuale. La Soprintendenza vuole salvare solamente dei cardini e delle traversine. Per fare ciò nega, su pressione di una piazza messa su anche da improprie informazioni, che si realizzi un’opera che davvero darebbe lustro alla chiesa: un’opera sulla quale magari i critici potranno disputare ma che sicuramente appare espressione di un artista che nella realizzazione dei pannelli esprime un’anima popolare che rinvia ad un insieme di memorie, queste sì, tutte pertinenti al tempio. Ma dei guai fatti da chi è disinformato ci si può lamentare attribuendo molto all’ignoranza. Quando però sul problema interviene qualche esperto che va blaterando di linea compositiva, di inserimento nel contesto e quant’altro, di una porta che non è sicuramente coeva alla facciata, allora si deve supporre la malafede o anche il livore: quando poi questo esperto definisce occasionale il comitato costituito dal parroco Rossano e presieduto dall’allora arcivescovo di Capua, mons. Luigi Diligenza (nella foto), allora si arroga una presunzione, che è figlia di saccente incultura. I Barberini (fatti passare come tali) che costituiscono il comitato pro erigenda porta del Duomo, caro esperto, non sono gli ultimi arrivati e hanno condotto l’operazione in maniera seria e senza alcuna approssimazione. Questo comitato, almeno in alcune persone che hanno qualche anno di più, è lo stesso di cui si è servito il parroco per riportare alla primitiva bellezza la facciata della chiesa, coperta da un intonaco settecentesco; e il parroco che vuole la sostituzione della porta è lo stesso che restaurato il campanile del Duomo, lo stesso che ha restaurato il San Michele che si trova nella nicchia sovrastante l’altare maggiore, lo stesso che ha restaurato la Sacra Famiglia che si trova all’ingresso del Duomo, lo stesso che ha restaurato i quadri che adornano la cappella del Santissimo Sacramento, lo stesso che ha rifatto l’intera copertura del tempio, lo stesso che da quarant’anni e oltre spende tempo, energie e fondi in quella chiesa che solo grazie a lui è potuta giungere ai nostri giorni in un perfetto stato di manutenzione. Questo parroco in occasione della progettata sostituzione della porta ha nominato un comitato fatto da esperti (vi sono presenti professori di lettere, studiosi, architetti, docenti di educazione artistica, ecc.) che tali sono, ma anche da uomini che sono più vicini a lui e alla chiesa. Si vuol fare una colpa al parroco perché ha scelto i componenti, guardandosi intorno? Perché ha preferito scegliere uomini che fanno parte del consiglio pastorale della parrocchia e che in chiesa ci vanno anche come fedeli? E’ questa una colpa? Ma come ha operato questo comitato? Ha forse imposto le sue idee? Questi uomini che ne fanno parte sono andati avanti alla chetichella, magari in maniera carbonara per compiere il loro misfatto? Niente di tutto ciò: hanno semplicemente operato con prudenza. Hanno esaminato la porta attuale, hanno esaminato lo stato di grave pericolo costituito dall’intero architrave dell’ingresso centrale.
Di questo, tra l’altro, la sconnessa porta attuale, peraltro contorta, costituisce un elemento di appesantimento non più sostenibile; hanno esaminato l’offerta pervenuta da D’Anna; hanno esaminato attentamente il progetto compositivo dello scultore che li ha entusiasmati, legando tra l’altro la progettata sostituzione della porta al generale consolidamento dell’architrave e dell’intero portale che sovrasta l’ingresso principale del tempio (nella foto, il pannello raffigurante la cacciata dal Paradiso terrestre). E non hanno deciso di sostituire hic et nunc la porta. Hanno deciso di chiedere ulteriori pareri ed hanno fatto esaminare il progetto oltre che dal vescovo dell’epoca, mons. Diligenza, che per riconoscimento unanime è stato uno dei migliori pastori della diocesi di Capua, ma che è anche storico di fama ed uomo di cultura (che non senza ragione ha affidato a D’Anna la realizzazione della statua in bronzo di San Roberto Bellarmino che si può ammirare nella piazzetta antistante al Seminario di Capua), anche dalla commissione diocesana di arte sacra, e lo hanno sottoposto inoltre al giudizio della Soprintendenza che è stato del tutto favorevole. Quali altri esperti e commissioni doveva mai consultare il comitato, quali altri competenti dovevano esprimersi in materia? La commissione consiliare del Comune, dice qualcuno: ma a che titolo? Il popolo intero, dice qualcun altro: ma come, magari con un referendum? Ci dicano questi signori cos’altro andava fatto che non sia stato fatto. Le procedure sono state seguite tutte e tutte secondo quanto la legge prescrive. Forse si ritiene che la porta realizzata da D’Anna non sia all’altezza, non abbia quei criteri artistici che si convengono ad una struttura monumentale come il Duomo? Su questo piano nessuno ha avuto il coraggio di pronunciarsi e non perché non si conosca la porta, come pure si va dicendo. La porta di D’Anna, sia pure nelle sue parti costituenti, ovvero nei pannelli, è ben nota da tempo: forse non in toto, ma in buona parte sì. I pannelli sono stati pubblicamente esposti in mostre, alcuni anche pubblicati in libri, dell’intenzione di collocarli all’interno della nuova porta in bronzo del Duomo si era al corrente da tempo, e l’iniziativa del comitato, riunitosi la prima volta nella primavera del 1997, era stata pubblicamente diffusa. Nessuno ha avuto nulla da ridire.
Quando l’opera era già in cantiere, tra l’altro affidata per la fusione alla fonderia Domus Dei di Roma, la stessa, tanto per capirne il valore, che ha realizzato la copia in bronzo della imponente statua di Marco Aurelio che sorge al centro della michelangiolesca piazza del Campidoglio sempre a Roma è sorto il putiferio.
L’opera realizzata da D’Anna non solo è degna della collocazione prevista, ma i marcianisani di oggi dovrebbero essere riconoscenti ad un loro compaesano, artista vero e non effimero come tanti che si presumono tali, che tra l’altro mette a disposizione il suo lavoro e addirittura anticipa buona parte della spesa in quanto i pannelli da inserire nella porta sono stati già fusi a spese naturalmente di D’Anna stesso. Ma perché questa porta dovrebbe diventare la porta nuova del Duomo di Marcianise? Perché a parte il valore artistico, sul quale magari si potrà disputare, ma che, a mio giudizio e a giudizio di coloro che hanno potuto studiarla, esiste e del quale mi riservo di parlare in altra sede, è una porta che esprime, naturalmente attraverso la trasfigurazione nel segno dell’arte, valori autentici della cultura popolare marcianisana. L’opera è, infatti, tutta incentrata sul mistero cristologico, attraverso una sequenza che realizza le successioni della passione di Cristo culminante negli episodi della crocifissione e della successiva resurrezione. Ed è qui il motivo centrale che consiglia e vorrei dire quasi impone che la porta sia collocata nel Duomo e che non possa essere trasferita, come pure qualcuno ha osato dire, magari in una chiesa di nuova costruzione. D’Anna ha realizzato la porta con un profondo spirito religioso, volto soprattutto a celebrare la fede e la devozione al culto del Crocefisso, la cui statua di Giacomo Colombo è venerata all’interno del tempio. Anzi alla devozione marcianisana verso il Crocefisso l’artista dedica i due pannelli forse più significativi dell’intera sequenza, che esprimono momenti della processione della statua (nella foto). Così facendo D’Anna realizza sì un’opera che è naturalmente espressione del mondo poetico dell’artista, ma anche lega attraverso la teoria dei pannelli quell’opera ad una tradizione, radica quei bassorilievi nell’anima profonda della cultura religiosa locale, di cui la devozione al Crocefisso costituisce l’espressione di maggiore intensità. Tutto questo non dovremmo né vederlo, né gustarlo, perché bisogna conservare dei cardini e delle traversine in ferro della fine del Seicento, sempre ammesso che siano di tale epoca, che si badi nessuno vuole distruggere: la porta attuale, una volta sostituita, se sarà sostituita, sarà custodita e la sua memoria non sarà destinata ad essere cancellata. Né dovremmo utilizzare la possibilità di far vivere, come deve essere, un
monumento nel tempo, e dovremmo trascurare espressioni d’arte e di cultura moderne nate e presenti a Marcianise in misura cospicua? Certo il mondo dell’arte locale esce fortemente mortificato da questa vicenda da secchia rapita che lungi dall’essere motivo di edificazione, come pure qualcuno va dicendo, perché vi vede, forse per la prima volta, un’attenzione coinvolgente dell’opinione pubblica su fatti d’arte, è motivo di amarezza, perché condotta in maniera aprioristica e con risvolti di pettegolezzi paesani che sono estremamente deleteri per la crescita culturale dell’intera comunità. Le porte di D’Anna potevano, e forse possono costituire ancora, il segno di un’inversione di tendenza: un riconoscimento nei confronti degli operatori dell’arte marcianisani ai quali offrire occasioni concrete, per una collocazione in sede delle opere che nascono dal proprio lavoro. E di artisti seri e davvero significativi Marcianise non ha solamente D’Anna: ce ne sono tanti e per tutti costoro vi dovrebbero essere spazi di riconoscimento locale della loro attività. Questa operazione relativa alla sostituzione della porta del Duomo dunque avrebbe potuto essere, e forse lo può essere ancora, lo stimolo necessario alla committenza locale, non solo religiosa, per offrire occasioni e possibilità agli artisti locali, ai più validi tra di loro. Penso alle nuove chiese attualmente in costruzione, penso a quelle pareti bianche di alcuni templi moderni sorti, penso ai tanti spazi pubblici di desolante squallore che potrebbero divenire sede di opere artisticamente concepite, penso agli androni delle nostre scuole, penso al nostro cimitero: penso ad un rifiorire dell’immagine di Marcianise attraverso i segni dell’arte e della cultura, i soli segni attraverso i quali si può contribuire a costruire una vera rinascita dal degrado attuale che ci affligge, affinché il paese della camorra e del coprifuoco possa offrire ben altri eventi, ad un’opinione pubblica disattenta e semplicistica, della sua storia e della sua vera anima, di cui sono espressione proprio gli artisti che a Marcianise vivono e lavorano.

Salvatore Delli Paoli

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Alfonso Alberico - Marcianise

41 Comments

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