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Doppelgänger
Conosco i miei limiti, non è intelligenza.
Sì, intelligente sono intelligente ma non confondete le mie capacità d’apprendimento, mnemoniche, con un’intelligenza fuori dalla media. Ecco, sono mediocre in quanto ad intelligenza.
Mammà lo ricorda ancora, lei maestra a cui la collega, mia maestra, diceva: ricorda tutto, fa e sa ogni cosa assegnatagli ma, mi dispiace dirtelo, non bisogna interromperlo. Resta muto se gli interrompi la filastrocca, inebetito ti guarda con i suoi occhioni e scoppia a piangere.
E perché avrebbe dovuto dispiacersi mammà, così studiavamo: dovevo leggere, leggere e leggere per poi ripetere, ripetere e ripetere, tutt’a voce alta con lei che approvava con la testa, o disapprovava con uno scappellotto, mentre lavava i piatti. Era il suo metodo d’insegnamento a casa come a scuola.
E pure papà. Come gongolava quando mi trasformavo in un piccolo Martellini capace di declamare le formazioni di ogni squadra, fino alla serie D sia chiaro, o quando riuscivo a riportargli la schedina domenicale se lui era stato in servizio alla questura.
‘A pappardella iniziarono a chiamarmi alle medie, quando per i coetanei sei un cognome o un contronome, con qualche professore facevo bella figura, con altri scena e con altri scena muta perché mi interrompevano. Ma quando si trattava di declamare gli auguri al preside o durante le visite di qualche autorità scolastica od ecclesiastica non potevano fare a meno di me.
Insomma durante tutta la mia crescita, con la maturità scientifica che raggiunsi brillando nelle materie scientifiche, nelle lingue viveo morte, ma mediocremente in quelle del libero pensiero, nei rapporti con gli altri, mantenevo un atteggiamento come programmato, imparavo ad essere quello che si voleva io fossi e così ero fintanto che gli altri non avessero deciso che dovessi cambiare.
E cambiai quando papà stabilì, confortato dai consigli del dottor questore, che non fosse più il caso di iscrivermi all’università, che sarebbe stata cosa saggia che prendessi, confortati dall’aiuto del dottor questore, la patente E e che si investisse sul mio futuro come autonomo padroncino di un mezzo di trasporto.
A trent’anni divenni un marito ideale, idealmente succube. Come marito ideale fui spinto a lasciare l’incerta autonomia del padroncino e accettai lauti compensi per trasportare, soprattutto scaricare, carichi illegali.
Ecco, questo sono oggi, manovalanza tecnica,un operatore nel settore clandestino dei rifiuti che non ha avuto finora consapevolezza di sé e del proprio operato.
Potrei dire ho fatto tutto inconsapevolmente, ho svolto la mia vita a memoria.
Finora.
Succede questa notte, mentre stupisco il mio compagno con la parola inglese antidisestablishmentarianism, la più lunga in questa lingua, e seguiamo, con il mezzo stracolmo di balle di stracci, l’auto apripista che ci precede.
Il posto è ideale ma una barra di ferro e dei blocchi di calcestruzzo, inutili cavalli di Fridiasottola tav, sfidono i potenti mezzi della ditta.
Alla luce del plasma lo vedo, mi vedo.
Un nanosecondo di pensiero è rivolto al Tecnology plasma 54 kompressor 230 volt messo all’opera dagli apripista, un altro nanosecondo penso di stupire il mio compagno elencandone le caratteristiche quando lo sento e lo vedo parlare con me stesso. Il me stesso che mi guarda complice e sornione, che decanta agli altri i pregi del microgeneratore elettrico, la sua silenziosità espressa in decibel.
Allora ho consapevolezza.
La stessa che dovette provare Bruto quando incontrò il suo doppio sulla strada per Filippi.
La consapevolezza di ciò che faccio mi allontana da quest’ultimo pensiero. No, mai più nozioni, mai più frasi fatte e citazioni, anzi devo evitarla la fine di Bruto, non devo raggiungere la mia Filippi.
Raggiungo invece la stazione dei Carabinieri dove, qualche ora dopo, scioglierò la consapevole pappardella davanti al magistrato di turno.
E mò sto leggiero.
post scriptum
Giuro, lettore, che la coincidenza che sto per narrarti non è frutto d’invenzione né tantomeno vuole essere un tentativo di sfoggi letterari.
Mentre finivo di scrivere ‘sto racconto ho iniziato a leggere un’edizione del 1933 de“ Il romanzo di Leonardo da Vinci” del russo Merezkowsky,il quale, per quanto io abbia cercato, in rete non compare – spero che quando qualche webnauta lo avrà rintracciato me lo vorrà far sapere. Se può aiutare la casa editrice è la A. Barion.
E’ un romanzo storico in cui l’autore, bravissimo conoscitore del periodo in questione, risulta bravo anche nel cucire gli avvenimenti certi con quelli inventati e necessari per narrare della vita del maestro rinascimentale. Proprio per sottolineare la duplice visione che vive Leonardo, e che il suo tempogli fa vivere, della scienza e della fede, dell’uomo che analizza e di quello che accetta il motore primo, Merezkowskyfa incontrare a Giovanni Boltraffio, storica figura di discepolo ancor più spaccata e altalenante tra i dettami umanistici del maestro e quelli fideistici dei Piagnoni, il sosia, il doppio di Leonardo da Vinci.
testo e foto di Stefano Marino
Ecco quello che cercavi…
http://www.ebay.it/itm/IL-ROMANZO-DI-LEONARDO-DA-VINCI-MEREZKOWSKY-1933-/260763657980
maurizzie’,l’ho letto il romanzo, quello che cerco sono le notizie sull’autore. provaci ancora.
cia’
ste’