Si è concluso, davanti al collegio giudicante del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Luigi Picardi, il processo a carico del gruppo camorristico dei Bleforte-Mazzacane dove erano imputate diciassette persone. Oltre 250 gli imprenditori, secondo l’accusa, nel libro mastro del clan emersi nel processo dove sono stati ricostruiti gli episodi estorsivi messi a segno ai danni di diversi titolari di attività commerciali su viale Carlo III, tra Caserta e Marcianise. Il pm antimafia Liana Esposito aveva chiesto pesanti condanne (anche per le mogli dei boss che da ieri hanno anche lasciato il carcere) nel corso della requisitoria contro gli imputati accusati a vario titolo di estorsione ed estorsione aggravata dal favoreggiamento camorristico. Le pene più alte sono state comminate a Gaetano Piccolo (30 anni) Pasquale Aveta (28 anni) Giuseppe Iovinella (22 anni), Salvatore Belforte, il boss (21 anni), Francesco Salzano (18), Francesco Zarrillo (16 anni) e due donne: una ultrasettantenne il cui figlio fu ammazzato alcuni anni fa, Anna Bucolico (16 anni) e Immacolata Cangiano (8 anni). Condannati anche i pentiti Domenico Cuccaro, Antonio Gerardi e Massimo Belgiorno rispettivamente a 7, 4 e 3 anni e sei mesi mentre le altre pene variano da uno a 5 anni e sei mesi. Assolte per la tentata estorsione all’imprenditore Sarpi e al titolare del centro Antares di San Nicola, Concetta Zarrillo e Maria Buttone, rispettivamente consorti dei fratelli del clan Belforte Salvatore e Domenico Belforte (quest’ultimo non imputato in questo processo) difese dagli avvocati Mariano Omarto e Angelo Raucci legali anche di Bartolomeo Di Meo (assolto per l’estorsione alla concessionaria Chrysler) e Riparato Golino. Le signore Belforte sono state scarceratel’altro ieri (la Buttone era al 41 bis nel carcere de L’Aquila).
