Si chiude con la bellissima immagine del nostro straordinario Crocefisso in processione per le strade di Marcianise, questo libro di Alessandro Tartaglione, I love Marcianise maitant, che vuole essere un tentativo, secondo me riuscito, di riconnettere le ragioni di una comune identità in nome di una tradizione condivisa. E nulla come il Crocefisso di Marcianise può essere invocato a richiamarla: quell’immagine parla al cuore di ogni marcianisano, anche il più distratto, anche il più giovane.
Del resto questa dell’identità è la tematica essenziale del libro che Sandro Tartaglione ha confezionato raccogliendo i suoi interventi fatti sul suo blog o su Caffè Procope. Problema quanto mai attuale per una comunità, come quella di Marcianise che ha conosciuto lo iato di una frattura lacerante tra un mondo antico di tradizione agricola e quello moderno e contemporaneo di tutt’altra natura.
Quest’ultimo, sovrapposto al primo senza alcun tentativo di mediazione, ha operato come una trasformazione epocale, travolgendo il tessuto edilizio, scardinando gli assetti economici, facendo vacillare i tradizionali valori culturali e spirituali che hanno segnato il tempo di una Marcianise che oramai non c’è più, nei luoghi, nel tempo, nello spazio, nel linguaggio.
Nel 2002, in sede di presentazione di Ammurusebbola, una sorta di dizionario del dialetto marcianisano pubblicato dell’indimenticabile e mai troppo compianto Pietro Zinzi, presente nel volume di Alessandro Tartaglione con un ricordo dell’autore davvero molto affettuoso, dicevo questo proposito: “La trasformazione troppo profonda della natura della nostra comunità, che nel giro di un nulla (meno di un cinquantennio) ha radicalmente cambiato il suo essere, nel modo di vivere, di fare, di agire e naturalmente di parlare, ha determinato uno iato vistosissimo, ha creato un solco discriminante profondissimo, un discrimine che ci sembra quasi epocale, come se esistesse un prima senza un dopo, come se la mediazione non fosse ancora avvenuta ed ancora, in realtà, non è avvenuta. E non si tratta di una modificazione che abbia interessato la sola struttura economica, anche se è indubbio che essa ha prodotto gli effetti dì cambiamento più vistosi ed apprezzabili soprattutto a questo livello: nel corso del tempo ha inciso anche una trasformazione di natura culturale, si direbbe, di mentalità.
La tradizione si è frantumata nella sua continuità storica e si è operato un salto, che con il succedersi delle generazioni, pur nel ristretto arco temporale, ha determinato una crisi di riconoscimento, un senso di vuoto, una lacuna dell’anima collettiva. Ci sentiamo così con le radici troncate, come un albero che non si lega più alla terra, come cittadini senza patria, se non quella del ricordo.”
E invitavo le giovani generazioni a lavorare per “la sintesi, a colmare le disarmonie dei rapporti sociali, a rimediare ai tanti guasti di una trasformazione rapida ed incontrollata, che ha fatto esplodere questa città, in termini demografici, urbanistici, economici, sociali e culturali. Se questi due mondi saranno conciliati, e in ciò le classi mezzane di età hanno il difficile compito di lavorare per la mediazione e soprattutto, tra le classi mezzane, quelle che hanno la responsabilità della cosa pubblica locale, si ricreerà un tessuto comunitario armonico pronto a nuove sintesi e a nuovi innesti. E’ questo il lavoro culturale che spetta agli intellettuali di questa città che ci sono e sono di valore, solo che essi si impegnino a capire questa fondamentale esigenza, questa necessità di produrre una cultura che educhi e ammaestri e che non venga prodotta per la sola solleticazione del proprio orgoglio intellettuale”.
Ecco Alessandro Tartaglione è uno di questi intellettuali che si sono assunti tale compito e con questo libro lo dimostra, a partire dal titolo davvero molto stimolante che io leggo come la necessità di presentare fin dalla titolazione la sintesi tra le due anime della città: così all’inglese I Love, che, potremmo dire, esprime la modernità, vedo associato, ad indicare la persistenza della memoria lontana, quello straordinario termine dialettale tipicamente locale Maitant, che vuole essere, se fosse possibile, una indicazione maggiore dello stesso superlativo: come dire lo amo Marcianise ancora più di moltissimo. Maitant, infatti, credo che venga dal latino magis, tantum, due avverbi fusi in una sola parola per indicare appunto una grandezza elevata al massimo grado.
Così, scorrendo questo agile volumetto, scritto con stile avvincente e rapido, il mondo marcianisano lontano non è assente, anzi viene arricchito con l’entusiasmo della scoperta da parte di un giovane che non ne ha, per motivi di età, esperienza diretta, ma che lo riscopre, appunto, o attraverso il ricordo di quanto riferitogli dai suoi genitori o dai nonni, o di quanto acquisito tramite lo studio. In questo ambito si situano alcuni medaglioni come quello dedicato al ballo dell’urzo, o quello, che ho personalmente molto apprezzato, “Perché sono di sinistra”. Qui emerge una componente nel modo di rapportarsi con il passato che non edulcora, non si rifugia nella nostalgia, non descrive ambienti idillici: insidie che sovente sono presenti in tanta descrizioni o ricostruzioni della Marcianise di ieri. Si veda, ad esempio quel punto in cui in modo molto scarno Alessandro descrive le condizioni di vita di sua nonna “Mia nonna da ragazza si alzava alle 4 di mattina per recarsi a piedi fino ad Acerra e lavorare nei campi di canapa. Quando mi raccontava queste cose non c’era rancore nel suo sguardo, solo l’orgoglio di chi ha conosciuto la fame e l’ha saputa affrontare e superare”.
Ma forse il testo che meglio esprime, secondo Alessandro Tartaglione, certi atteggiamenti mentali persistenti nella comunità marcianisana del passato è il pezzo dal titolo “Faticatori e sfaticati”, ove, nella prima parte, quando si parla dei faticatori, ci si diffonde nel sottolineare la natura del lavoro agricolo locale una vera e propria “fatica” alla quale, tuttavia non ci si sottraeva, se non in misura modesta da parte degli “ammaccavasule” del passato, qualche scioperato che nella sostanza non incideva, se non marginalmente, sul contesto generale che era quello di un mondo segnato dalla miseria e dalla tragedia della fatica quotidiana di rimediare il sufficiente per sopravvivere.
C’è poi la parte che attiene più specificamente alla Marcianise di oggi con i suoi personaggi. Si va dall’ultimo ciabattino, Francesco Mezzacapo, meglio noto come zi Ciccio o scarparo, che in via Duomo perpetua una tradizione ormai morente, all’artista naif Antonio Mandarino, estroso interprete di un proprio originale mondo poetico, a Valentino, il ragazzo con il “chiodo” che nel 1984 arrivò a Sanremo, cantando le canzoni di Vasco Rossi. Una parte del volumetto Sandro Tartaglione la dedica ai giovani marcianisani che si interrogano sul loro futuro, costretti dalla situazione economica a vivere fuori della città natale, come quel Giuseppe Lasco che si rammarica di aver fatto poco, anzi nulla per la sua città, a cui Sandro Tartaglione rivolge parole accorte.
Ma l’attenzione di Sandro si rivolge prevalentemente a quelli che restano e che lottano nel loro quotidiano, come quei giovani pugili che si costruiscono il futuro attraverso uno sport di fatica e di sacrificio. In questo mondo Tartaglione, che da qualche tempo è anche presidente dell’Excelsior Boxe di Marcianise, si trova pienamente a suo agio: quello del pugilato sembra essere un esempio vincente in cui riconoscersi, un mondo in cui traspaiono le migliori qualità della gente della nostra terra.
E della nostra nobile terra sono espressione alta alcuni amici che purtroppo ci hanno lasciato-:Gianni Rollin, il fotografo e antropologo che aveva trovato a Marcianise, per così dire, una seconda patria, il già citato Pietro Zinzi e infine Gaetano Andrisani. A questi ultimi due, in particolare, Sandro Tartaglione dedica due ritratti davvero significativi, più affettuoso e amicale il primo, più ufficiale il secondo. E bene fa ad assicurare presso i lettori di questo volumetto, che mi auguro possano essere davvero tanti, il nome di questi due illustri personaggi di Marcianise che hanno speso buona parte della loro vita nell’amore per la propria città. Pietro Zinzi, al quale mi ha legato una lunga consuetudine di amicizia, è stato l’uomo che ha alimentato il dibattito culturale a Marcianise operando su di un versante popolare. Le sue cose migliori stanno infatti in quei libri nei quali si è occupato di storie e tradizioni popolari, che ha saputo ricreare e, in qualche caso illustrare anche visivamente, grazie alla sua capacità di pittore e disegnatore. In questo ambito la sua presenza è stata davvero significativa e importante. E tuttavia anche in quei testi nei quali esponeva tesi che a qualcuno potevano sembrare bizzarre, la sua funzione non è stata priva di significato e valore, in quanto è riuscito ad alimentare il dibattito e a muovere, come diceva, le acque morte della ricerca locale, indicando nuove direzioni, alcune percorribili, altre un po’ meno. lo l’ho amato ed apprezzato perché si esponeva senza ritegno, perché era sincero, perché era un amico.
Di Gaetano Andrisani, Tartaglione sottolinea la prolifica produzione pubblicistica davvero sterminata. Gaetano Andrisani ha spaziato infatti da ambiti più strettamente attinenti, al giornalismo, alla ricerca e alla critica, a quelli specificamente creativi, dalla poesia, alla narrativa, al teatro, con una produzione che ci disegna la fisionomia di un intellettuale complesso difficile da riassumere in uno schema e in una valutazione d’insieme.
In questa sede non posso tuttavia passare sotto silenzio il suo impegno pubblicistico e politico a favore di Marcianise e del suo territorio e riferirmi in particolare ai suoi studi anche recenti sulla storia religiosa e civile di Marcianise. In questo ambito si è espresso in maniera puntuale, mostrando uno straordinario amore per la sua terra e le sue tradizioni che voleva fossero mantenute con rigore: Marcianise gli è debitrice, come deve essere debitrice a Sandro Tartaglione per questo adorabile volumetto, che sono sicuro costituisce solo una tappa della sua carriera pubblicistica che gli auguro possa essere densa e piena di successi.
Salvatore Delli Paoli
Dati pubblicazione:
Titolo: I Love Marcianise maitant’
Autore: Alessandro Tartaglione
Editore: Wood & Stein
Prezzo di Copertina: Euro 6,00
Dati: 2010, 112 p., rilegato
Il libro può essere acquistato nei seguenti esercizi commerciali (clicca quì)
Guardarsi indietro, ripescare le usanze del passato, analizzare vicende, attitudini remote, dirottare lo sguardo altrove, affrontare con garbo e compostezza l’evoluzione contadina semza respingere il presente. Insomma, mi sembra un bel passo in avanti e cento indietro verso la doverosa rimozione dell’accanimento commemorativo che invade le nostre biblioteche, le nostre piazze e i nostri occhi da eoni. Il paradosso è la giovane età dello scrittore. Di solito, certe tendenze colpiscono chi affronta il pre-pensionamento anticipando la stasi post lavorativa con l’unica arma rimasta disponibile: la memoria storica cotta in tutte le salse.
Ma devo ammettere che stavolta lo “sciacallaggio celebrativo” è stato saggiamente smorzato nel finale, in favore di una maggiore sensibilità verso personaggi e tendenze del tutto odierne. Del resto, era il minimo che si potesse fare per raccogliere il consenso di qualche giovane lettore ancora ignaro della ripetività del modello.
I neofiti e i neo-anziani apprezzerano di certo. Tutto il resto verrà sommerso.
Un plauso particolare ed entusiasmante va ad Alessandro Tartaglione e alla sua opera,mi dispiace non aver potuto assistere alla presentazione ma ho letto il libro in meno di un giorno.Alessandro rispecchia quell’uomo di cui la nostra città avrebbe realmente bisogno e anche se mi reputo fondamentalmente non di sinistra ho sempre applaudito le azioni politiche e non!Questa città ha bisogno di un cambio radicale e utilizzando la parabola del Cardinale Sepe trattando l’argomento Napoli,la nostra Marcianise ormai ha perso la speranza………Speranza in un cambiamento radicale a livello sociale,a livello politico ,a livello culturale!E raccolgo una frase che Alessandro utilizza trattando l’unico argomento che eccita e raccoglie applausi a livello internazionale:la boxe……Per diventare campioni bisogna avere fame………..
Marcianise non ha più fame,Marcianise e chi la governa è tristemente addormentato,Marcianise è spenta e i giovani…….unica speranza per la nostra martoriata terra,vengono costantemente tenuti incatenati…..
Svegliati Marcianise,svegliamoci e diamo una mano per quel pò di speranza che ancora aleggia nell’aria……
La nostra é una comunità di transizione e, come tale, barcolla,é ubriaca!
Una industrializzazione imposta non poteva che produrre questo effetto: non siamo più contadini, senza essere diventati operai.
A dimostrazioneo di questa realtà, vi ricordo il fenomeno del “scippa e fuia”: i contadini che erano diventati operai, non si sono mai rassegnati a questa nuova condizione e, sottraendo ore al lavoro dell’industria, hanno continuato a coltivare il tabacco in maniera irrazionale, sfruttando fino in fondo la fertilità del pezzo di terra, fino a depauperarlo, a renderlo arido e non più produttivo. Ne sono venute fuori la scarsità del prodotto ed una sua dequalificazione. E’ morta così la coltura della canapa e la crisi industriale ha ridotto l’impiego della classe operaia.
Attualmente ci troviamo in un territorio industrialmente impoverito ed una campagna devastata, perchè trascurata e colpevolmente inquinata.
Vanno bene il folclore, le tradizioni, il sostegno e la fede cristiana, il ricordo di benemeriti personaggi che hanno cercato di operare, amando la Città, ma qui ci vuole un progetto serio, del quale la classe politico-dirigente non é stata mai capace e quella attuale non é in grado nemmeno di occuparsi delle quotidianità.
Che fare? Lenin é morto ed io non so che dirvi!
Cambiare l’ uso dei terreni agricoli in industriali fu a Marcianise , come in ogni altra parte d’Italia , una necessità richiesta dal mercato.
Poichè le colture dell epoca erano in gran parte obsolete e fuori da ogni logica di prezzo.
Tuttavia l’industria portò un nuovo modo di spesa e stile di vita dei nostri contadini e agricoltori che si trovarono a consumare prodotti e generi fino a prima impensabili.
Si pensi alla spesa auto , abbigliamento , diverso modo di alimentarsi e di dare spazio a qualche ricreazione negata dai tempi dedicati al lavoro dei campi .
Diverso è analizzare dove l’ industria sopratutto del mezzogiorno si e inceppata come meccanismo . Io credo fermamente che non ci sia stata una classe politica tale da far crescere l imprenditoria industriale nella nostra citta compresa come mutamento da piccolo contadino a piccolo imprenditore in agricoltura.
Oggi a distanza di anni ci sono norme e leggi di supporto per l imprenditoria agricola , troppo tardi ,adesso abbiamo le leggi adatte ma non piu l agricoltore che vuorrebbe fre impresa, ne ahinoi i terreni idonei.
PS complimenti ad Alex Tartagliione per il libro.
grazie ancora alessandro.
un abbraccio
g.lasco