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Si riaccende il dibattito sul “Cippo di Trentola” | di Nicola Erboso

Tra Luglio e Agosto di quest’estate torrida, si riaccende il dibattito sulla vera funzione del “Cippo di Trentola” : grosso macigno a forma cilindrica, situato all’incrocio in località “Trentola” a Marcianise, da sempre ritenuto dagli storici locali e non, un limite della centuriazione romana; una diversità fondamentale, però, lo contraddistingue con quelli graccani: quelli graccani sono contrassegnati dai nomi degli amministratori romani e sulla superficie superiore, vi è tracciato una croce ad indicare i quattro punti cardinali: ed è proprio questa la diversità, che ha spinto alcuni ricercatori, a formulare altre ipotesi.
Il nostro cippo, invece è muto, cioè non si scorge alcun segno letterale sulle superficie, è munito solo di due incastri a coda di rondine “ mortese “ diametralmente opposti e la parte interrata, è leggermente più ristretta e di forma tronco-conica, ha un diametro pari all’incirca quattro piedi legali romani, misura 113 cm. “Uno simile, un po’ più piccolo, si trova nel museo di Calvi Risorta, con un diametro di 95 cm”. Le superficie interrate, risultano più lisce della sommità, non risulta orientato, in quanto l’asse degli incastri non indicano i punti cardinali.
Dopo un convegno nella chiesa di Trentola, conobbi Pasquale Fecondo, conversando con lui sulla storia antica di Marcianise, toccammo parecchi argomenti, tra questi anche quello riguardante il cippo calcareo che era a pochi metri da noi; lui diceva che consultando un libro di archeologia, scritto da Paolo Liverani, noto archeologo del Vaticano, l’autore asseriva che molti elementi di torchio per il vino e per le olive, erano stati confusi e quindi ritenuti termini per delimitare grosse aree di terreno.
Io subito gli risposi che da sempre avevo dubitato del cippo come termine, e che quanto detto dal Liverani era attendibile anche se andava verificato. Dopo qualche mese, andando a consultare dei testi di storia antica presenti nella biblioteca della scuola media dove insegnavo, mi sono trovato tra le mani un testo che parlava di uno scavo eseguito personalmente da un equipe di archeologi Tedeschi, Inglesi e Italiani in una villa di epoca romana. La villa dopo essere stata ripulita dalle sterpaglie, è risultata ben conservata, sono stati trovati anche due ambienti simmetrici dove erano collocati due grossi torchi, uno per l’olio e un altro per il vino. Vengono poi descritti tutti gli elementi e il funzionamento di queste grandi macchine.
In un libro pubblicato ad Afragola “breve storia sul territorio afragolese dall’età del ferro al IV-III secolo a.C” vi è pubblicata una foto di un blocco calcareo a forma di parallelepipedo con due fori rettangolari, ”stipites” su cui venivano collocati, gli “arbores” grosse travi squadrate, cosi come trovati dagli archeologi nella villa; gli afragolesi parlano di elemento di un torchio per il vino: perché anch’essi non consideravano nella loro zona una produzione di olio (chissà se si sbagliano); da questa scoperta afragolese però si può dimostrare che il torchio trovato nella villa del “centro Italia”, era in attività anche in Campania.
Anche a Marcianise, proprio nei pressi del cippo di Trentola, ho scorto un lastrone uguale, murato proprio all’ingresso della chiesa, sul pilastro destro del cancello d’entrata, e anche in questa occasione ho subito informato l’amico Michele Colella delegato della Pro Loco, coinvolgendolo nella ricerca, attivandosi a fotografare e a catalogare il lastrone, messo in evidenza per via dei lavori di restauro che stanno interessando la chiesa.
Il nuovo reperto ed il cippo, hanno qualcosa in comune? Sono due elementi di un torchio, per l’uva o le olive, situato in una villa di epoca romana, che sorgeva nei pressi di Trentola? Sono domande queste, a cui bisognerebbe dare una risposta. Si può notare sul lato destro, vicino alla bacheca, una pietra calcarea, simile a quella sopra. Dalla descrizione dei torchi trovati nella villa, si evince, che i torchi erano muniti di una grossa pietra calcarea che gli studiosi hanno chiamata “orbis”, che ha proprio i requisiti del “cippo di Trentola”; solo che lì, hanno trovato tutti i componenti dei torchi ma non le pietre in questione.
Dai loro calcoli, scaturisce che le loro pietre calcaree dovevano pesare 3,93 t ciascuna, mentre la nostra, facendo le opportune proporzioni, è di circa 3 t. Avevo tra le mani questo materiale, quindi potevo pubblicarlo già 3 anni fa, ma per correttezza nei confronti di Fecondo che aveva espresso la nuova tesi, anche se l’ intuizione era del Liverani , ho aspettato che pubblicasse prima lui qualcosa a riguardo. Infatti dopo qualche anno ha pubblicato un libretto in cui asseriva: che il cippo di Trentola era un contrappeso per l’ancoraggio della vite di un torchio per l’uva e non per le olive, perché Marcianise secondo lui non è, e non è mai stata zona di olive.” Si può dimostrare che ciò non è vero”.
Con il materiale da me in possesso, (che mi riservo di pubblicare in modo dettagliato prossimamente), non posso fare a meno di essere d’accordo in linea di massima su questa nuova teoria, (che il cippo di Trentola è un orbis di un torchio latino, anche se in questi casi il condizionale è d’obbligo); però una volta letto quanto pubblicato dagli archeologi, si potrà notare che la pietra aveva la funzione di “spremitore” cioè pressava direttamente il prodotto, venendo a contatto con la pasta di olive o con la vinaccia, e che non viene considerato un contrappeso per l’ancoraggio della vite che alzava e abbassava la trave, che fungeva anche da leva. Poi ancora, non bisogna andare in Siria per vedere un torchio simile, basterebbe andare a 7 chilometri da Marcianise, per vederne un’esemplare, in una masseria abbandonata, che ha funzionato fino al secolo scorso.

Nicola Erboso

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Alfonso Alberico - Marcianise

One Response

  1. gerardo
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